Amore stile montagne russe: l'insostenibile leggerezza del tifoso della Juve
Il rapporto tra la Juve e i suoi tifosi ha sempre avuto un sapore speciale. Negli ultimi anni, però, qualcosa si è incrinato. O meglio, parte del popolo bianconero ha modificato il suo approccio verso la squadra del cuore, la più vincente d'Italia. La spia si accende in occasione dell'ultimo scudetto targato Allegri, rispetto al quale diversi sostenitori non festeggiano, idem dopo il titolo sarriano, l'ultimo dei nove consecutivi. Da allora, la situazione peggiora, anche perché arriva il campionato vinto dall'Inter di Conte, poi Milan, quindi Napoli e ancora i nerazzurri, questa volta targati Inzaghi. Peggio di così. Assistiamo ad un tifo stile montagne russe, dall'esaltazione (poca) alla depressione (tanta). Con la caduta della dittatura bianconera è come se la fede scricchiolasse. Così nasce il “supporter a vittoria”. Diversamente ogni pretesto diventa buono per dividersi. Troppo facile.
Divisione al Max. Allegri è l'emblema della contrapposizione. A partire dal giorno in cui l'ex Presidente Andrea Agnelli lo richiama: soddisfatti e scettici. I risultati non arrivano e l'avventura bis del tecnico toscano è scandita da critiche feroci, a volte giustificate, altre pretestuose, in alcuni casi in malafede. Si forma un sorta di partito NoMax. Motivo di tanta avversione il non gioco della squadra, tanto più senza trofei. Alla fine del secondo ciclo allegriano arriva una Coppa Italia. Troppo poco. Il tifoso della Juve è abituato bene e non concepisce un periodo di transizione, dovuto soprattutto alla situazione economico-finanziara. L'allenatore livornese per molti diventa il male assoluto, al punto che pur di vederlo fuori dalla Continassa, sperano nella sconfitta della Juve. Pazzesco.
Tanto tuonò che piovve: Allegri out, Motta in. Con un anno di anticipo Allegri viene mandato via. Separazione traumatica, parzialmente attenuata dall'intervento successivo di John Elkann. I NoMax esultano come se la Juve avesse vinto lo scudetto. Ma torna la divisione sulla scelta del successore. Da una parte chi vuole dare un taglio netto al passato e auspica la novità assoluta, dall'altra i nostalgici di Conte. Giuntoli sceglie la prima opzione e chiama Motta. Immancabili gli oppositori, anche per il suo passato interista. Comunque è rivoluzione tattica e non solo. Pronti via, doppia vittoria, entusiasmo alle stelle. Salvo poi il cambio radicale di umore al pareggio contro la Roma, per non parlare di Empoli. “Allora era meglio tenere Allegri”, “Conte era l'unico in grado di ricostruire”, sono solo due tra le tante esclamazioni di dissenso. Il successo in Champions placa apparentemente gli animi. Contro il Napoli il terzo 0-0 di fila in campionato e i mugugni tornano d'attualità. Ormai lo status emotivo dei tifosi è instabile, come quando si va sulle montagne russe. Domanda lecita: si sostiene la squadra a prescindere o solo quando vince? Le idee personali sembrano prevalere rispetto al bene della squadra. L'io davanti al noi, esattamente il contrario della filosofia di Giuntoli e Motta .
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