Col suo arrivo il muro della difesa è di cemento armato

Col suo arrivo il muro della difesa è di cemento armatoTUTTOmercatoWEB.com
domenica 14 luglio 2024, 22:56Editoriale
di Roberto De Frede
Abbi la cocciuta determinazione di seguire con tenacia il raggiungimento del tuo obiettivo, indipendentemente dalle circostanze o da qualunque cosa la gente dica, pensi, o faccia. (P. J. Meyer)

Messere Giuntoli da Firenze e mister Motta da São Bernardo do Campo stanno pian pianino cercando di disinquinare l’ambiente bianconero da aria pesante e tossica, facendo un gran lavoro di smaltimento. Mettendo in ordine, buttando le cose non più utilizzabili, e cercando anche di comprarne di nuove e rifare il look. Il centrocampo, dopo anni di disordine, pare si riesca ad assestare con giovani di belle speranze: uno venuto dalla terra del fútbol bailado, l’altro da quella dello champagne! Ne mancherebbe uno, un tulipano olandese che tanto profumo di forza e freschezza donerebbe al prato bianconero. L’attacco è ancora un rebus con il solo serbo per ora ad essere il futuro (si spera) protagonista goleador, ma ci vorranno delle giuntolate per completare il reparto offensivo. Lì dietro, davanti al nuovo portierone si pensava di veder agire la classe e la giovinezza di Riccardo Calafiori… ma tutti gli indizi ahimè pare lo porteranno a sbarcare in Inghilterra, o comunque lontano dalla Mole. E intanto… 

Era il 1973. A Londra viene pubblicato dai Pink Floyd per l'etichetta EMI l'Album The Dark Side of the Moon; Martin Cooper effettua la prima telefonata con un telefono cellulare portatile; a Belgrado Novella Calligaris diventa campionessa mondiale degli 800 m stile libero; in Cile, un golpe militare diretto dal generale Augusto Pinochet rovescia il governo; USA: Henry Kissinger, ex consigliere alla sicurezza della Casa Bianca, è nominato Segretario di Stato; esce nelle sale cinematografiche Amarcord di Fellini con le musiche di Nino Rota. Già… la parola che fa da titolo al film è un neologismo, ormai diventato di uso comune, e nasce dalla frase in dialetto riminese “a m’arcord”, che significa “io mi ricordo” ispirato alla Rimini onirica e immaginaria degli anni 30. Ebbene auspicando in un prossimo “Calafiori” di turno in bianconero, intanto “amarcord” di

                                            CLAUDIO GENTILE

La roccia della difesa. Fu soprannominato da Gianni Brera il Feroce Saladino e dentro quel nomignolo c’erano sia i suoi natali libici, che il suo metodo deciso di intendere la marcatura. Un modo che gli ha permesso di mettere la museruola ad attaccanti di caratura internazionale. Nessuno di quelli che ha marcato ai campionati del mondo e d’Europa gli ha mai fatto gol: Kempes, Krankl, Fischer, Boniek, Littbarski, Maradona e Zico con lui in campo hanno visto solo i sorci verdi, mai la rete gonfiarsi.

A Tripoli il 27 settembre 1953, da genitori originari della città di Noto, capitale dell’arte barocca, nasce uno dei più determinati e implacabili custodi della propria difesa, un grandissimo terzino destro, che non apparteneva però alla famiglia dei terzinacci a caccia di caviglie: un fenomeno per applicazione e abnegazione. Gentile, in campo poco gentile, ma mai scorretto, né cattivo: nella sua carriera è stato espulso solo una volta, per doppia ammonizione, e il secondo giallo per un mani a centrocampo, in una semifinale di Coppa dei Campioni, a Bruges, nel lontano ’78.

Una corazza da duro, dall’animo leale. Testimone di una classe degna dei più puri cristalli di Boemia, per cuore, vigore, spirito di sacrificio e tecnica; armato di una forza propulsiva che gli dava la spinta per allungarsi nella corsa, discendere la sua fascia di competenza e crossare palloni precisi e spesso decisivi per i suoi compagni d’attacco. Lui un combattente, apostrofato Gheddafi dall’Avvocato, epiteto però che non amava molto, preferendo quello di Gento, attribuitogli dai suoi compagni di squadra.

Approda alla Juventus nell’estate del ’73 dopo una militanza, poco più che anonima, nel Varese. Esordisce in bianconero nel dicembre di quell’anno con una sonora vittoria per 5 a 1 contro il Verona; gioca nell’occasione come mediano al posto di Furino. Ruolo da lui molto amato e che aveva già ricoperto, pochi giorni prima, da titolare nella finale di Coppa Intercontinentale contro i campioni sudamericani dell’Independiente, sempre con il numero quattro dietro la maglietta. Il suo eclettismo porterà lo stesso Trapattoni a farlo giocare anche come terzino sinistro, ma con l’affermazione di Antonio Cabrini, diventa il signore assoluto del right wing e il numero 2 diventa per sempre suo.

Epici i suoi duelli nei derby della Mole con Claudio Sala, il poeta del gol dei granata, affidato sempre alle sue “cure” in quanto avversario più difficile da controllare, perché non si sapeva mai dove ti poteva scappare. In undici anni di Juventus, contando 417 presenze e 10 reti, Claudio Gentile vanta nella sua personale bacheca dei trofei: sei scudetti, due Coppe Italia, un Mundialito, una Coppa Uefa, una Coppa delle Coppe. Nell’estate dell’84, lascia Madama per trasferirsi nella città gigliata, dove gioca tre stagioni di buon livello, concludendo la sua carriera nell’88 a Piacenza.

In Nazionale debutta il 19 aprile del ’75 all’Olimpico di Roma nella partita pareggiata a reti inviolate contro la Polonia di Deyna. Eretto a colonna insostituibile della difesa azzurra, partecipa al Campionato del Mondo del ’78 e all’Europeo dell’80, posizionandosi in entrambi al quarto posto. Disputa con gli azzurri 71 partite, realizzando un gol, l’8 giugno del ’77, a Helsinki, nella partita vinta tre a zero contro la Finlandia. Ha scritto pagine eroiche nella campagna di Spagna del Mundial ’82, elevando a ruolo titanico quello del terzino, difensore-eroe pronto a immolarsi per la propria squadra. Spietato con i suoi avversari. Il C.T. Bearzot nella sfida contro l’Argentina, decide di “affidare” Maradona non a Tardelli, come aveva fatto in passato, bensì proprio a Gentile, dandogli un ordine categorico: «non farlo girare, altrimenti non lo prendi più». Il divin Maradona perde per novanta minuti la sua sacralità: Gentile non fa toccare palla al dios de la pelota, giocando d’anticipo e estraniandolo completamente dal campo. L’Italia batte per due reti a una la Selección e comincia il conto alla rovescia verso quel fatidico cinque luglio, giorno della decisiva tenzone contro il Brasile.

Contro i verdeoro le marcature erano già belle e decise. La Seleção si aspettava Oriali su Zico e Gentile su Eder; senonché sulle scalette dello stadio Sarriá di Barcellona, nel sottopassaggio, prima di entrare in campo, Bearzot chiama il baffuto Gentile e gli dice: «Claudio, tu marchi Zico». E lui smorzando la tensione: «Solo lui o anche Eder?». Zico, la leggenda del Flamengo e del calcio brasiliano dopo Pelè, viene in quella battaglia letteralmente stracciato. Resta indelebile negli occhi di tutti i tifosi l’immagine del Galinho, – Il piccolo gallo, così chiamato per il suo modo di muoversi sul campo – che voltandosi verso l’arbitro mostra lo squarcio all’altezza del costato, un buco nella maglia numero 10 che sembra provocato dal morso di un pescecane. Sullo sfondo Claudio Gentile, l’autore del reato, sfodera la più candida delle sue espressioni spiegando, ad un altro giocatore brasiliano, che i tessuti non sono più quelli di una volta.

Gli azzurri, dopo quella leggendaria partita vinta 3 a 2 – che costa a Gentile il taglio dei suoi baffi alla Tom Selleck per una scommessa fatta in precedenza – tirano dritto verso il titolo mondiale contro la Germania Ovest. Claudio Gentile, un mastino della difesa, di quelli che si attaccano all’avversario e non lo lasciano più fin dentro gli spogliatoi, fin sotto la doccia, non dello stadio, ma di casa! Il trionfo della marcatura a uomo con lui arriva all’apogeo. Lo Sturm und Drang del calcio italiano, vincente anche come allenatore alla guida dell’Italia Under 21, portandola sulla vetta d’Europa nel 2004.

Roberto De Frede

Tratto da "Ritratti in bianconero" di Roberto De Frede - https://www.amazon.it/dp/B092PKRN38?ref