Cosa siamo, cosa eravamo e cosa (dovremmo) tornare ad essere

Cosa siamo, cosa eravamo e cosa (dovremmo) tornare ad essere
Oggi alle 00:02Editoriale
di Alessandro Santarelli

Lo ammetto, la domanda sabato notte, mi è sorta spontanea. Chi siamo? Siamo una grande tifoseria, a livello numerico, la più grande che c’è in Italia, appassionata, abituata alla vittoria, e poco incline alle sconfitte. Giusto, in fondo nel dna della stessa società c’è la ricerca del successo. Poi però, nel tragitto che mi riportava a casa con il cuore gonfio di gioia per la vittoria, ma con la mente piena di domande, mi sono chiesto cosa è successo in questi ultimi anni. Sempre più polemiche, critiche, attacchi frontali e diretti, guerre interne e intestine che non hanno fatto che acuire un certo malessere che indubbiamente è figlio dei tempi che viviamo. I tempi dei social, dove pur di raccattare un briciolo di consenso si è pronti  a vendere l’anima al diavolo. A discapito anche dell’amore per la nostra squadra? Domanda alla quale non voglio dare risposte.

Cosi come mi chiedo. Ma quanto è grande l’amore per la nostra squadra se si riesce a non gioire appieno neppur dopo una vittoria? Vero, accadeva anche l’anno scorso purtoppo, e ricordo bene alcuni “tifosi” augurarsi pure la sconfitta in Coppa Italia, ma li, pur non capendo, esisteva l’odio per Allegri che annebbiava la poco lucida mente di alcuni. Già, ma oggi Allegri non c’è più e allora? E allora la domanda sul vero amore per la squadra torna. Si ama la squadra o è più importante il dissenso a prescindere che comunque in una tifoseria cosi grande attecchirà sempre seppur in una minima parte?

Lo ammetto, mi faceva paura leggere sabato sera alcuni commenti o ascoltare determinate riflessioni post partita, dopo una vittoria torno a specificarlo, non bellissima per carità, ma sempre una vittoria, mentre sui media uno scatenato Fabiani iniziava il processo alla Juve e ai soliti presunti favori e difformità. Si perché mentre era il momento di indignarsi per l’ennesimo attacco alla Juve, ci si doveva concentrare sulla “pochezza” della squadra, sul destino già segnato, sulle solite critiche che ci trasciniamo da anni. Questi sono i risultati di una battaglia che ha lasciato sul campo scorie, personalismi, divisioni insanabili purtoppo.

Lo so, è una minoranza, e come tale va trattata, rispettata e  ascoltata, ma  credo che combattere il pregiudizio sia sacrosanto. Ho nostalgia di una tifoseria, che ancora oggi è un vanto per la Juve, ma che a volte fatico a riconoscere. Cosi come so benissimo che l’unità e la compattezza non fa più parte di questo mondo  e che nella diversità delle opinioni si cresce,sono il sale di un dibattito e spunto per ottime e importanti riflessioni, ma permettetemi di dire : almeno le vittorie godiamocele, celebriamole e guardiamo avanti con fiducia.

Non tutto è perfetto, anzi, molto va aggiustato e sistemato  ma lo si sapeva. Abbiamo agognato il cambiamento e ora che si è concretizzato, diamo il tempo, che so essere il peggior nemico della società e dell’allenatore, per costruire qualcosa che segnerà i prossimi anni della Juve. Criticare? Certo, guai a non farlo, ma con modi, tempi e raziocinio.

La squadra ci mette il cuore, e questo è innegabile, ha molto da migliorare e sicuramente alcune scelte non sono state giuste ( ma è presto per dare giudizi definiti) puntare però sempre e comunque il dito, opinione mia personale, non mi pare giusto visti anche i risultati del momento. Il fuoco degli anti è iniziato, sono state costruite in questi giorni trasmissioni con un unico scopo, sbattere il mostro bianconero in prima pagina. Spendiamo le nostre energie, anche sui social che tanto vi piacciono, per difendere i nostri colori, per tornare ad essere quella meravigliosa sponda bianconera tanto invisa ai nostri “ avversari” ma tanto invidiata da tutti.