Caro D(j)ario, siamo diventati più contabili che tifosi
Caro D(j)ario,
ormai siamo al limite dello stillicidio. La Juve non riesce a mettere insieme da sola i punti che le servono per arrivare in Champions, o almeno non cogliendo i 3 della vittoria e avanza col freno a mano tirato a suon di singoli punticini che derivano da pareggi in serie, ed è costretta a guardare quello che fanno le altre che per fortuna, hanno rallentato anche loro. Al nostro pareggio di sabato sono seguiti anche quelli di Roma e Bologna (questo in realtà più utile per la posizione assoluta che per il piazzamento nell’Europa che conta), ma almeno abbiamo accorciato le giornate dalla fine e i punti a disposizione sono sempre meno, con la quota che inevitabilmente si abbassa sempre più. Allegri, che a fare le tabelle è sempre stato bravissimo, già mesi fa aveva indicato i 70 punti come “quota Champions”, e il campionato sta andando proprio in quella direzione: al momento per la sicurezza ne servono 72, se le altre centrano tutti i risultati per loro ottimali.
Arriviamo da una partita contro il Milan che rivista a qualche ora di distanza ha un aspetto un po’ diverso. L’immediato post gara lasciava la sensazione di ennesima partitaccia, figlia del momento molto negativo della Juve. A mente un po’ più fredda, la mia sensazione è che in un altro momento storico la avremmo valutata diversamente, perché le occasioni la Juve le ha avute eccome, e anche di quelle importanti (Vlahovic su punizione, Kostic, Danilo, Milik hanno tutti impegnato Sportiello in maniera determinante) mentre il Milan non ha mai intaccato lo spazio aereo di Szczesny. E’ chiaro che in un momento come questo, in cui servono i punti per la Champions matematica e con un Milan senza tutta la difesa titolare compreso Maignan, ci si aspettava comunque almeno un gol.
Un gol già: quello che facciamo tremendamente fatica a fare, ed è un problema non solo di quest’anno. L’attacco della Juve è uno dei peggiori della serie A e solo i tanti clean sheet ci consentono di avere la classifica che abbiamo. Se in campionato dopo i 16 di Vlahovic segue Chiesa con 7 (che già sono pochi per il secondo attaccante titolare) e dopo si scende addirittura ai 4 di Rabiot e Gatti è evidente che il problema sia importante. Non possiamo sperare sempre e solo in Dusan, che continua ad avere alcuni inevitabili passaggi a vuoto (compresa la partita di sabato scorso), se poi gli altri attaccanti sono fermi a 3 (Milik), 1 (Yildiz) o addirittura clamorosamente a 0 (Kean) e se i centrocampisti non segnano mai.
La stagione sta finendo e visti i risultati della Juve stiamo facendo più i contabili che i tifosi: “dunque, se noi pareggiamo qui e loro perdono o pareggiano là, la quota scende a tot e quindi siamo a posto”. Insomma, i punti li dobbiamo fare noi, non sperare che non li facciano gli altri. Domenica tra l’altro ci sarebbe un match point clamoroso: vincere nell’Olimpico giallorosso, proprio in seguito ai risultati di domenica scorsa, chiederebbe anzitempo il discorso e consentirebbe di vivere più serenamente le ultime tre, magari dando qualche spazio in più a chi ha giocato meno, lasciando tirare il fiato a chi andrà all’Europeo e soprattutto di preparare al meglio quella che è la partita più importante degli ultimi 3 anni: la finale di Coppa Italia del 15 maggio contro l’Atalanta, che ci consentirebbe dopo oltre 1000 giorni di alzare un trofeo. Cerchiamo di arrivarci con le giuste energie fisiche e mentali.
Dario
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