Caro D(j)ario, rieccoci qui, tra voglia di volare e paura di inciampare
Caro D(j)ario,
è bastata una sconfitta per far riprecipitare i tifosi nel baratro dello spettro di una mediocrità che a mio parere la Juve di quest’anno non merita. Abbiamo perso a san Siro, contro la prima in classifica, contro la squadra che da tutti è riconosciuta da inizio stagione come la candidata numero uno a vincere lo scudetto per qualità e profondità della rosa, per giunta con un autogol sventurato (e un paio di miracoli di Szczesny, va detto). E oltre ad essere comunque una sconfitta che “ci sta” per tutto quanto elencato fin qui, è stata solo la seconda sconfitta stagionale su 23 partite di campionato, cui aggiungere 5 pareggi e ben 16 vittorie (più 2 in coppa Italia). Non mi sembra malissimo, anche considerando che abbiamo più punti dell’ultimo Milan scudettato a parità di giornata. Poi certo, c’era chi non aspettava altro per ricominciare ad attaccare Allegri, questo o quel giocatore, il gioco che manca, lo stop di Vlahovic (ecco, quella sì che è una bella “sliding door”…): a ognuno il suo capro espiatorio. Si poteva fare meglio? Oggettivamente sì. È già tutto da buttare? Assolutamente no. Certo la lotta per lo scudetto sarà ancora più difficile, ma quanti pensavano a inizio stagione di essere qui adesso? A pochi punti dalla prima e a +15 sulla quinta? L’Inter è più forte, non lo dico io e non lo scopriamo adesso, sarebbe da incompetenti non riconoscerlo. Ma la Juve ha dimostrato in passato, e sta provando a farlo anche quest’anno, che con altre doti si può lottare per il vertice.
Nel frattempo si è chiuso il mercato, sono arrivati Djalò e Alcaraz (entrambi presenti a san Siro in panchina con l’argentino che ha già addirittura messo i primi minuti nelle gambe esordendo nel finale) e già si parla dei colpi per l’estate: Koopmeiners? Felipe Anderson? Huijsen venduto alla Roma? C’è tempo; non troppo, ma c’è. Perché intanto bisogna portare a casa una stagione importantissima che deve sì piazzare la Juve in Champions ma la bocca a qualcosa di più ce la siamo fatta eccome. Alcaraz è appena stato presentato ufficialmente e il ragazzo sembra avere tanta voglia oltre che tanta grinta, e soprattutto zero paura. Un po’ di “garra” sudamericana ci voleva, e il paragone con Vidal oltre a non spaventarlo sembra addirittura gasarlo. Speriamo entri presto nei meccanismi del nostro centrocampo, perché le doti che gli vengono associate sono esattamente quelle che mancavano negli uomini già in rosa, soprattutto la grande predisposizione agli inserimenti offensivi.
Intanto lunedì sera arriva l’Udinese, in cerca di punti salvezza che però speriamo trovi altrove. Già l’Empoli ce ne ha sottratti due (quella sì è la vera “sconfitta” dell’ultimo periodo), con Allegri che deve fare i conti con squalifiche e stati di forma non eccezionali: Danilo ha preso il famoso giallo che lo terrà fuori un turno, Vlahovic e Chiesa sono usciti malconci dalla sfida con l’Inter, persino Perin è fuori uso (ma con un Tek così può fare con calma). Kean continua a non essere disponibile ma torna Milik dopo aver scontato la squalifica: se Dusan non dovesse farcela toccherà al polacco guidare l’attacco bianconero. Il tutto mentre si continua a parlare di un’ipotesi tridente con Chiesa-Vlahovic-Yildiz tutti insieme, cosa che ai tifosi piacerebbe molto ma che al momento diventa impensabile se almeno uno degli attaccanti continua a stare fuori a giornate alterne. Dobbiamo riprendere il cammino interrotto e infilare qualche vittoria di fila, poi tra qualche giornata tireremo di nuovo le somme. Quante volte lo abbiamo già detto in stagione? Tante, perché la Juve sta andando forte, più forte di quel che si pensasse, e alcuni detrattori quasi sperano che inciampi per dimostrare che avevano ragione loro. L’Inter è più forte, ma la Juve non è scarsa: loro stanno facendo il loro, noi stiamo facendo il nostro. Non è un miracolo di Allegri, la squadra c’è; non è un disastro di Allegri, siamo secondi con 2 sconfitte su 25 partite. Ma ne mancano 15 in campionato più almeno due, speriamo tre in coppa Italia. Non è finita, nel bene o nel male.
Dario
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