La Juve di Motta e il caos calmo: cambio di marcia o sarà tracollo
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“Svolta Juve”. “Cambio di marcia”. “Salto di qualità”. Quante volte abbiamo letto e sentito frasi del genere in questa stagione? Ora però la squadra di Motta è di fronte ad un mese fondamentale, probabilmente decisivo. Partito male con il ko in Supercoppa. A seguire: Derby in casa del Torino, recupero di campionato contro l'Atalanta a Bergamo, quindi sfida con il Milan allo Stadium, prima di volare a Bruges per la trasferta di Champions League, poi visita al Napoli di Conte, finale il 29 quando a Torino arriverà il Benfica per chiudere la prima fase della Coppa più prestigiosa, sperando nella qualificazione agli ottavi. In sintesi, a fine gennaio capiremo se il nuovo progetto avrà finalmente spiccato il volo o sarà clamorosamente precipitato dopo soli sette mesi. Il cambio di rotta deve essere importante, anzi radicale. Sono diversi i punti sui quali battere.
Questione tattica e giocatori. Come noto, Motta ha i suoi principi di gioco. Finora il vestito indossato è il 4-2-3-1, dimostratosi però inadeguato. Lo dicono i risultati e non solo. Al momento quinto posto in campionato, insieme alla Fiorentina, entrambe le squadre hanno una gara da recuperare. Ma a prescindere dai 32 punti accumulati al termine del girone d'andata (pochi considerando i 44 del Napoli capolista), e dalla zona Champions che comunque è lì, preoccupano gli 11 pareggi, soprattutto le modalità con le quali sono stati conseguiti. Spesso la squadra è andata in vantaggio, poi non è stata capace di chiudere il match e ha subito la rimonta, a prescindere dall'avversario. La fase offensiva è sterile rispetto all'alta percentuale di possesso palla. Nelle ultime uscite la Juve ha dimostrato anche una fragilità difensiva che sta risentendo in maniera decisiva dell'assenza di Bremer. Perché non provare un nuovo assetto tattico? Per esempio un centrocampo a 3 e in avanti più giocatori vicini alla porta, per supportare Vlahovic e allo stesso tempo tentare la via del gol. Yildiz, ormai l'abbiamo capito tutti, è depotenziato se schierato esterno, a ridosso della linea laterale. A Douglas Luiz non sarebbe meglio dargli più occasioni, prima eventualmente di cederlo e connotarlo come flop? Koopmeiners non sappiamo dove renda di più, sicuramente non dietro la punta. Da parte dell'allenatore ci si aspetta maggiore elasticità, altrimenti ha ragione chi lo considera integralista.
Aspetto mentale, personalità e comunicazione. L'ultimo e forse più importante fattore è legato alla testa. La Juve ormai è un libro aperto: gioca per un'ora, sembra avere il dominio della gara, invece all'improvviso si spegne la luce. Calo di concentrazione, poco coraggio, braccino del tennista, mancanza di personalità. Insomma siamo nel perimetro della psicologia. Lo ha riconosciuto lo stesso Motta: “Dobbiamo migliorare nel carattere”, la sua sentenza dopo il ko in Supercoppa. Problema importante, soprattutto perché siamo a metà stagione e in una fase decisiva per quanto detto sopra. Sotto questo aspetto però si può e si deve migliorare. Serve il supporto dei leader in campo. Che però la Juve non ha. Danilo era l'unico rimasto, ma è vicino all'addio. Il primo chiamato a trasmettere sicurezza però è l'allenatore. Che deve fungere anche da psicologo nelle situazioni critiche. Il modo con cui si rapporta con il gruppo è fondamentale. Come del resto la comunicazione davanti alle telecamere. Per esempio, dire che per lui la vittoria non è un'ossessione, significa lanciare un messaggio sbagliato alla squadra. Ma anche a tutto il mondo bianconero, storicamente legato alla legge bonipertiana: “Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta”.
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