Juventus: la politica del silenzio non paga
La gara casalinga con il Bologna non ha soddisfatto nessuno. E le polemiche arroventate si sono elevate altissime, nonostante si sia appena consumata la seconda giornata di serie A. Ciò che più irrita e sdegna i tifosi bianconeri è la narrazione mediatica partigiana di alcuni episodi mal valutati dal fischietto Di Bello, e nemmeno richiamati ed analizzati dal Var; meno male che la tecnologia era stata introdotta sei anni orsono per dirimere ogni questione di campo e spazzare via ogni dubbio o controversia, riducendo le diatribe. Invece le polemiche vengono alimentate, inasprite, gara dopo gara, da decisioni e situazioni ben oltre il limite dell’imbarazzo. La performance di Di Bello allo Stadium è stata pessima, la narrazione dei suoi fallimenti ha fatto ancora peggio. La maggior parte dei media si è arrovellata solo sul contatto Iling Jr.–Ndoye, tralasciando bellamente di citare due episodi che meritavano almeno di essere rivisti al monitor, ovvero il fallo nettissimo da rigore su Chiesa di Moro, e il mani di Lucumi su cross di Weah. Oltre al danno subito in campo, è arrivata la classica beffa da parte di chi dovrebbe raccontare imparzialmente cronaca ed episodi. Così si sono ridotte all'osso le analisi sui due episodi che avrebbero potuto cambiare la gara in favore di Madama, con tutti, o quasi, a vivisezionare l’incrocio in area Juve che ha privato il Bologna di un penalty.
Anno nuovo, storia vecchia, e tutto ciò non è assolutamente foriero di buone cose. Fenucci, A.D. felsineo, davanti a microfoni e telecamere, si è prodigato in un’invettiva durissima attaccando arbitro, episodio e Var. Sia chiaro, ogni interprete del calcio è libero di protestare per ciò che vuole, mettendoci la faccia, anche con toni esasperati per un torto che sente di aver subito; fin qui nulla da eccepire. Ciò che ha lasciato molto perplesso il popolo bianconero è la non replica da parte della società Juventus, condita dal silenzio assoluto. Quando Fenucci dice:” Ci è stata tolta una vittoria che ormai era certa. C'era un rigore netto con il rosso per noi”, chiama direttamente in causa la regolarità della conduzione di gara e fa palesemente intendere che la Juve non ha meritato il punto ottenuto sul campo. Ebbene, una società forte, compatta, coesa e tetragona, quando si muove un amministratore delegato, sciorinando pesanti dichiarazioni che coinvolgono una gara appena terminata, dovrebbe sentirsi chiamata in causa e intervenire prontamente con una contromossa dialettica. Non ci si può far trovare impreparati se ci si chiama Juventus. Invece nulla, mutismo totale, nessuna replica e nessuna controrisposta, una sorta di accettazione del duro giudizio. Che la Juve, per antonomasia, parli poco e sia latente nel ribattere colpo su colpo è un fattore ormai inteso e consolidato, ma restare zitti, spesso si rivela un vero e proprio boomerang.
Auspicabile che in società venga fatta una dettagliata riflessione, circa gli ultimi anni, a livello comunicativo: la scelta politica del silenzio non paga. La sensazione che ne ricava il tifoso è che nel campionato italiano chi più alza la voce, per presunti errori arbitrali, magari ritroverà maggior magnaniminità, innescata proprio da esternazioni salaci. Supposizioni certamente non comprovate dai fatti, sia chiaro, resta però la non risposta di una Juventus che ha preferito tenere bocche cucite di fronte alla veeemenza oratoria di Fenucci. Se la narrazione pubblica dei fatti di calcio, che si consumano sul prato verde, continuerà ad essere parziale e incompleta come in questo caso, la società bianconera ha il dovere di pensare, perlomeno, all'adozione di un’altra linea strategica. In questo Paese, la cultura del silenzio, oltre a non venir rispettata, non fornisce alcuna giustizia e men che meno il minimo effetto positivo.
La speranza è che in sede della Continassa ci si renda conto che, non rispondere prontamente, può venir recepito come un segnale di arrendevolezza, di debolezza. E visto il momento storico, con una Juventus da ricostruire nell’immagine pubblica e da riportare in cima sportivamente parlando, la società di Madama, non può e non deve prestare il fianco a nessuno attacco. A maggior ragione da parte di coloro i quali rappresentano gli attori primi del calcio. Il rispetto e la considerazione si ottengono agendo prontamente, non indossando panni silenziosi e accondiscendenti. A volte l'attacco lancia in resta può sortire un'ottima difesa, a volte, invece, può creare l’effetto di sgombrare il campo.
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