Vlahovic la grande delusione delle ultime due partite ma i centrocampisti devono servirlo meglio
Fuori il dente, fuori il dolore: la presenza del signor Massa tra gli arbitri italiani è uno schiaffo alla decenza. Massa, che stia in campo o al Var, ogni volta scatena polemiche e le sue valutazioni comportano ingiustizie pesantissime nei confronti dei club che hanno la ventura di incrociarlo.
Empoli – Juventus. Intervento di Gatti su Pellegri: pallone pieno. Ma Pellegri reclama un fallo. E, visto che ogni tanto capita ai giocatori di perdere la brocca, Pellegri dà una testata (del tutto gratuita) a Gatti. Di Bello, arbitro di campo, la reputa uno “scazzo” e si limita ad ammonire. Al Var, Massa non interviene. Sarebbe il caso di mettere una telecamera accanto a Massa quando sta al Var, per vedere cosa fa. Il regolamento impone che anche l'intenzione (ci sia stato o meno un frontale tra Gatti e Pellegri) vada sanzionata con un “rosso”. Mancavano venti minuti (più recupero) alla fine della gara, e la superiorità numerica avrebbe potuto aiutare l'asmatica Juventus vista ad Empoli. Non c'è controprova, ma quanto meno (come hanno sentenziato tutte le “movioles” dei quotidiani), per onorare la giustizia e il regolamento, Pellegri andava espulso. Se Massa sia rimasto in silenzio lo capiremo quando (bontà sua) Rocchi fornirà la registrazione della conversazione avvenuta sull'episodio tra Di Bello e Massa. Ammesso che conversazione, nel merito, ci sia stata. Massa non è nuovo a situazioni del genere. Indimenticabile la sua “omissione” in un Inter – Atalanta quando (dirigeva Rocchi) non vide quello che ogni moviola a fine gara mostrò: Lautaro, che in area interista, disteso per terra come Paolina Borghese, agguanta la caviglia di un atalantino e gli impedisce di tirare. Rocchi, in effetti, in quella occasione era coperto. Ma Massa aveva la migliore delle visuali. Per ora, evitare che Massa continui a confezionare disastri, sarebbe il caso di metterlo a riposo: definitivamente.
Estratto il molare, vengo alla gara: orrenda, con una Juventus inguardabile. Dicono: è presto. Sì, quattro gare sono poche per costruire una nouvelle vague. Ma non è tanto il risultato (l'Empoli nulla ha rubato, anzi alla fine è risultato addirittura più pericoloso della Juve) ad essere in discussione. E neppure il gioco: lo sono i giocatori (e con loro i preparatori): lenti, molli, imprecisi, sterili.
Martedì si esordisce in Champions contro una squadra (il PSV) che le ha vinte tutte, nel suo campionato, che ha fatto una valanga di gol e ne ha subiti solo tre. Direte: la Juventus ancora non ne ha subito uno. Vero: ma dopo le terne con Como e Verona, da due gare è a secco. E Vlahovic sembra la brutta copia di Boksic, il croato al quale, un pomeriggio al Comunale, l'avvocato Agnelli “spiegò” come doveva calciare quando arrivava davanti al portiere avversario. Vlahovic è stato la grande delusione contro Roma ed Empoli. Ma io resto della mia idea. Non deve fare “sponde”. Ci vada un altro lì in mezzo a farle. Vlahovic deve essere servito sulla corsa.
Direte: due volte lo hanno mandato in porta e per due volte ha fallito. Vero anche questo. Ma non è che i centrocampisti della Juventus brillino per genialità e iniziativa.
Presto per criticare? Ma certo: crescerà, crescerà, crescerà. Ci sono colleghi che sembrano il refrain di un motivo fine anni Sessanta, in stile Little Tony. Ma la Juventus dovrà farlo in fretta: già contro il PSV. La Champions non aspetta. Il campionato neppure. Ma lo avevamo già preconizzato che la Juventus non era da scudetto.
Ma in Champions serve mettere subito fieno in cascina: sono soldi e punteggio nel ranking.
Io non “scarico” Thiago Motta (anche se vorrei sapere perché Danilo è scomparso dai radar, al pari del promettente Savona: meglio Kalulu?), gli va concesso tempo, lo ribadisco. Ma qualche considerazione su chi è andato in campo inevitabilmente si impone: Nico? La celebre trasmissione di Rai 3 lo sta ancora cercando. Koopmeiners? Il terrore è che possa rivelarsi uno di quei giocatori “fenomenali” con Gasperini, e appena decenti con altri. Si spera di no: anche per quello che è costato. Un altro costato un Perù è Douglas Luiz, che ad Empoli è sembrato un Arthur con la barba (l'ho rubata a un caro amico di Torino), persino più lento dell'originale.
Le malelingue sostengono che Thiago Motta non lo volesse e che Douglas sia arrivato per volontà esplicita di Elkann, deciso a fare un favore a un suo amico, “vertice” in Aston Villa. Peggio, sempre le malelingue affermano che una fidanzata tanto bella (Alisha, calciatrice) costringa Douglas a fare “gli straordinari”. Ora, in tempo di gossip infestato dalla signora Boccia, ci sta tutto, anche sta roba, che ovviamente fa ridere. Tuttavia, Douglas Luiz è apparso lentissimo e svuotato di idee: mai una verticalizzazione, come purtroppo usano questi centrocampisti brasiliani, molto fumo e poco arrosto. Non so che giocatore abbia visto in Premier il collega Marianella, che lo magnificava (ma male anche il sottoscritto per averlo paragonato a Dunga): speriamo sia solo una questione di condizione.
Temo che per Fagioli sia invece solo una questione mentale: il talentuoso giovanotto si è perso in una spirale di negatività. Va urgentemente aiutato.
Devo confessarlo: prima mi rodevo ad ogni gol di Haaland, perduto alla causa perché per un certo allenatore era “la quarta scelta” e perché Fabio Paratici gli preferì uno svedese. Ora mi rodo per ogni gol di Kean, specie ora che Vlahovic non segna. Specie ora che Milik è ancora ai box. Specie ora che un'alternativa a Vlahovic alla Juve non esiste.
Cose di campionato: il Milan pialla il Venezia (che con Di Francesco ha un passo da retrocessione). Il Torino (che pure ha pareggiato rischiando in casa contro il Lecce) conferma che Vanoli è uno che ci sa fare. La Roma fa 1-1 col Genoa in Liguria. L'Atalanta, nel suo nuovo bellissimo impianto, vince in rimonta contro la Fiorentina. Avanza con sicurezza il Napoli, passando a condurre la classifica: ha un grande allenatore, un grande organico e il vantaggio di giocare una volta alla settimana, essendo escluso dalle coppe. Pareggia l'Inter a Monza in articulo mortis.
Ma come? Quelli che giocano meravigliosamente, a una velocità supersonica e che con quattro passaggi (di prima, ovviamente) vanno davanti alla porta avversaria? Loro. E con grazia ricevuta dall'arbitro Pairetto, che interrompe sul finale un'azione pericolosa del Monza per andare ad ammonire per un fallo a metà campo. Recita il regolamento: si fa terminare l'azione (e non è detto che il Monza avrebbe segnato) e poi si va (dopo valutazione Var, ovviamente) ad ammonire. Dovrebbe essere così. Dovrebbe.
Finalino sullo stadio Meazza. Le “fanfare” di regime assicuravano tre giorni fa che Milan e Inter avevano abbandonato i propositi di farsi uno stadio proprio a San Donato e a Rozzano. E, dopo cinque anni di inutili discussioni (esclusa la possibilità di restaurare il Meazza, troppo costoso e con eventuali trascurabili addendi immobiliari), avevano rispolverato l'idea di uno stadio nuovo di zecca in società, accanto al Meazza, là dove oggi c'è un parcheggio, saccheggiando 50.000 metri quadrati di verde attiguo. E a ridosso delle case dei residenti. Applausi dal sindaco Beppe Sala. Poi parla Scaroni, nume tutelare del Milan, e prima schiaffeggia WeBuild (quelli del progetto di restauro del Meazza): “Progetto non all'altezza del club”. Poi recapita una raccomandata a Sala: “La nostra priorità resta San Donato.
Interviene anche il sindaco di Rozzano: “L'Inter non ci ha mai comunicato di voler rinunciare al progetto”. E mentre monta l'indignazione popolare da parte di chi (Barbara Berlusconi in primis) non vuole sentire parlare di “abbandono del Meazza”, mentre tutti (maggioranza in consiglio comunale e opposizioni) sono incavolati per l'operato di Sala, mentre chi si oppone all'abbandono dello storico impianto per il giorno 27 settembre annuncia, in Piazza Mercanti (a due passi da Piazza Duomo), una raccolta di firme per scongiurare la “scellerata ipotesi”, arriva la replica del sindaco meneghino: “Basta polemiche sterili. Invito tutti a non far finta di dimenticare che la politica ha già approfondito la questione. Farò rispettare le regole”.
L'état c'est moi. Non pensate che a dirlo sia stato il sovrano francese che instaurò la “monarchia assoluta”.
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