La Juventus potrà completare gli acquisti solo cedendo e non svendendo. Sulla giustizia sportiva non vi raccontano tutto
Non so voi, ma io mi sarei anche rotto le scatole di leggere la solita zuppa. Tipo che i giocatori degli “altri” valgono la Banca d'Inghilterra, e quelli della Juventus, due pesos stracciati. Tipo che la Roma ha “pareggiato” (bontà sua) l'offerta del Leicester e che Soulé starebbe “spingendo” per andare nella Capitale. A Roma sono bravissimi a farsi i “cavoli” degli altri. Puntano un giocatore (le gazzette papaline) e non lo mollano. Sono come le travi che cercavano di sfondare i portoni dei castelli nel Medioevo. Il concetto di “assedio” è il medesimo. Solo che oggi i “gazzettieri” non sfondano i portoni. Sfondano altro. Soulé avrebbe un contratto. Ma lor signori spiegano la notte e il dì, che lui “spinge”. Non è vero: sono loro a farlo con la perversa idea che, se “spingeranno” abbastanza a lungo, otterranno alla fine quanto si propongono: danneggiare la Juventus. È così anche per Huijsen al PSG. Da quanto lo stanno scrivendo? Da tanto. Volete saperlo? Finora alla Juventus per il giovanottone non è arrivata una sola proposta. Sono arrivate due telefonate: due. Di questo tenore: “Huijsen è in vendita?”. Risposta: “Tutti alla Juventus sono in vendita”. Domanda: “Quanto per Huijsen?”. Risposta: “40 milioni. Dare moneta, vedere cammello”. Altra domanda: “Ma per 25 milioni?”. Risposta: “Avete un difetto di audio nella ricezione?”.
C'è un'intera squadra in vendita alla Juventus. Ma Giuntoli non è un babbeo. E i tempi nei quali certi “sconti” venivano fatti sono terminati. La Juventus è tornata padrona del proprio destino. Chi vuole i suoi giocatori dovrà pagarli. Tanto, non la miseria che viene veicolata dai “clientes” di questa o quella parrocchia. Certo, l'informazione italica a volte è davvero spudorata. Ma lo sapete che l'Inter ha il nuovo Messi e lo ha messo in vendita? Si chiama Carboni. E ogni settimana il suo valore sale. Siamo arrivati a 50 milioni per certi “fogli”. E come mai? Per le rivedibili prestazioni offerte nel Monza? Ma l'Inter il suo fuoriclasse ce l'ha alla presidenza: Beppe Marotta. Uno che conosce i giornalisti e le loro debolezze. E vuoi non dare una mano al “dottor Beppe”? Certo che sì: anche il braccio, nel caso.
Brava gente: una sola cosa è vera, per quanto attiene alla Juventus. Non arriverà nessuno fino a quando non uscirà qualcuno. Ci sono giocatori che piacciono molto (vedi Sancho), ma per ora non ci sono le condizioni per trattarlo. A fine mercato magari cambieranno.
Certo che così la Juve appare incompleta. Manca un terzino, manca un altro centrocampista (Koopmeiners si starebbe allontanando), manca un centravanti di riserva (se Milik sarà ceduto) e manca un esterno. E qui i sondaggi sono per giocatori di qualità, ma anche dal prezzo altissimo.
Dicono che Rabiot “non risponde più alla Juventus”. Proviamo a ribaltare il concetto. È la Juventus che (stanca di aspettare) ha smesso di cercare Rabiot. Vada dove gli pare. Al Milan, in Spagna, in Premier. Ha fatto una sola grande stagione a Torino: quella del Mondiale. Lo diciamo o non lo diciamo?
A Gravina chiudo è stato lanciato un salvagente. L'emendamento firmato dal parlamentare di Forza Italia, Mulè, è stato approvato con pesante variazione. La Lega di Serie A conterà di più in ambito federale: dal 12%, pare, passerà al 20%. Roba da ridere, considerato che i Dilettanti di Abete pesano per il 34%. E allenatori e giocatori hanno già il medesimo “status” che andrà (pare) ad indossare la Lega di Casini. Insomma (nonostante i peana di goduria da una parte e gli alti lai di “attentato” all'autonomia dello sport dall'altra) va in scena (ancora) la conosciuta pièce di Pirandello: “Molto rumore per (quasi) nulla”. Il calcio italiano non avrà futuro fino a quando in sella resterà Gabriele Gravina. Che neppure è un Principe di Salina (il quale, nel suo pragmatico cinismo, aveva una visione e una certa qual nobiltà). Gravina è solo un gattoparducolo interessato al potere per il potere.
Se questi sono gli esiti, Casini e Mulè potevano risparmiarsi la fatica. Una Federazione che elegge il proprio presidente grazie ai voti (preponderanti) dei Dilettanti è una Federazione malata. Una Federazione che fa votare persino gli arbitri (vale a dire i propri dipendenti: ve lo vedete Rocchi & Co. che votano contro Gravina?) è una Federazione di cacicchi che mai cambierà una virgola dell'esistente. Quanto alle minacce di Ceferin (di escludere la Federazione, ergo i club della Serie A, dall'Uefa) sono roba da ridere. Avete mai visto qualcuno provocare danni armato con una pistola ad acqua? Ceferin (dopo la sentenza del tribunale di Madrid) non manterrà ancora a lungo la corona. Gliela toglieranno. Ci vorrà qualche tempo, lui urlerà “guai a chi me la tocca”, ma la vedrà volare dalla sua testa a terra. Come è sempre capitato ai tiranni. Niente è eterno. È caduto l'Impero Romano (e hai detto poco), figuriamoci se non cadrà il sultano Ceferin. Solo Gravina può pensare di durare “da qui all'eternità”. Ma anche lui cadrà. Non ci è riuscito Mulè a farlo cadere. Ma prima o poi accadrà.
È assurdo che il calcio dei dilettanti prevalga su quello dei professionisti. Sono mondi diversi. Il calcio dei dilettanti è una questione sociale. Al calcio dei dilettanti deve provvedere lo stato. La Lega di Serie A deve essere autonoma. Ha i suoi problemi. E a risolverli non deve essere la Federazione, che infatti non li ha mai risolti. La Lega di Serie A, se vuole risultare competitiva, non deve elargire una montagna di soldi allo sport italiano. Bastano e avanzano quelli che versa allo Stato. Lo deve comprendere anche il Coni. Un paese civile deve avere una politica (e un fondo) per lo sport. Non può pretendere che club professionistici, che sono imprese private, grazie alla mutualità provvedano ai bisogni di tutto il sistema. Gli effetti si sono visti: club con i bilanci in rosso (grazie anche a gestioni dissennate), campioni che non arrivano più, impoverimento dei vivai, giovani che scappano all'estero. Un presidente federale degno di questo nome avrebbe fatto le riforme: da quella della giustizia sportiva alla riduzione del numero (esorbitante) dei club professionistici. Avrebbe messo il governo dietro a un tavolo per cercare una strada per ammodernare gli indecorosi stadi italiani. Avrebbe messo un limite all'impiego contemporaneo degli stranieri in campo. Le leggi europee non consentono di limitare le rose, ma l'impiego in campo, quella è una faccenda federale. Ma a Gravina questa roba non interessa. Gli interessa lo scranno. E Mulè, che aveva parlato di “calcio che vive nel Medioevo”, alla fine ha dovuto abbozzare. La sua maggioranza gli ha segato l'emendamento. Perché a parole la maggioranza di governo è “super-liberale”: a parole è persino “liberista”. Ma poi ci sono “i voti”. E quelli dei dilettanti, con le infinite realtà territoriali del Paese, sono “voti”. Voti ai quali la politica non può e non vuole rinunciare. E quindi l'emendamento Mulè, che doveva essere un “tornado”, in realtà è stato un “refolo”. Il 20% che ha ottenuto la Lega di Serie A è ridicolo rispetto al 34% dei dilettanti. La percentuale che consente ai Gravina di essere rieletti con maggioranze bulgare. Il calcio italiano non è liberale. La “riforma Melandri”, con la scusa di Calciopoli, ha depotenziato il sistema. Che infatti ha prodotto gli gli Abete, i Tavecchio (che neppure fu il peggiore: gaffeur, ma le riforme aveva provato a farle) e i Gravina. È questo che non vi dicono. Vi “drogano” con la “fiera delle vanità”. Ma non vi dicono come funziona la satrapia federale. E soprattutto non vi dicono come “veramente” funziona il bubbone giustizia sportiva. Vi risulta che la procura federale stia lavorando sulle “plusvalenze” di altri club dopo aver fatto “carne di porco” con quelle della Juventus? O vi siete bevuti la storiella di Chiné “che non può indagare” perché le procure non gli passano gli atti? Vi risulta che l'inchiesta di Perugia stia procedendo? Vi risulta che a Milano, il capo di quella procura (l'interista Viola) si stia occupando di LionRock? Neppure sto a perdere tempo per ricordarvi di che razza di “buffo” sia stato e su come sia “evaporato”: società, investitori e soldi. Per la cronaca: 150 milioni, dissolti. E incredibile (o forse no) nessuno li ha reclamati. Forse Viola è troppo occupato ad andare a pranzo con Ausilio e Marotta per occuparsi dei misteriosi (e mai svelati) investitori di LionRock. Società sparita persino dagli elenchi delle Isole Vergini, là dove era iscritta. Questo è il calcio italiano. E tutti siamo colpevoli di parlare (invece che di questo) in continuazione della mezz'ala, del centravanti e del terzino. Io per primo. Mi confesso colpevole.
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