Il ludopatico è un malato non un criminale. Le società devono tutelarsi contrattualmente
Il suo sito di news si chiama "Dillinger". Un gangster, John Dillinger, che negli anni della Grande Depressione americana terrorizzò gli Stati Uniti, ma che divenne una sorta di eroe popolare visto che le sue rapine alle banche e agli uffici postali prevedevano anche la distruzione delle cartelle esattoriali che tartassavano i contribuenti.
Il personaggio ha affascinato Fabrizio Corona. Una vita, quella di Corona, piena di eccessi e di regole calpestate. Disposto a finire in galera pur di alimentare il "mito" dello scavezzacollo che guida automobili da sceicco, vive in case da "Abitare", ama ed è amato da donne bellissime, frequenta celebrità e vip, scialacqua fortune. Nella velleitaria idea di vivere "una vita alla Steve McQueen". Prima delle sue rivelazioni sulle scommesse dei calciatori, il suo sito era frequentato da 12.000 follower. Una settimana dopo il sito è arrivato a quota 130.000. E secondo Corona "vale un milione di euro". Cinquantenne, una moglie (pare affascinante) di 23 anni, ad Andrea Paqualetto del "Corriere della Sera", ha spiegato che la sua inchiesta sta "spaccando l'Italia". Da una ventina di giorni Fabrizio Corona, pregiudicato con sette anni di galera scontati, (l'estorsione ai danni di Trezeguet gli costò una pesante condanna) ha terminato di saldare il suo debito con la giustizia. Oggi di "debiti" non ne ha più. Di lui si possono dire molte cose. Anche ipotizzare che la storia dello zio di un ex calciatore dell'Inter di Mourinho che lo avrebbe informato sulle scommesse illecite di molti giocatori italiani, sia una "bufala". Corona, comunque, ha annunciato che il "nome" del misterioso zio lo farà nella trasmissione "Avanti popolo", martedì prossimo, alla Rai. Attendiamo di conoscerlo. E magari di poterlo intervistare.
Corona ha fatto i nomi di Fagioli, Tonali, Zaniolo. Ha fatto anche quello di un calciatore della Roma che ha smentito, annunciando querele. E ha spiegato, Corona, che i nomi sono una cinquantina e che comprendono, oltre che calciatori anche dirigenti. Indaga Corona e sta indagando la Procura di Torino. Fagioli si è autodenunciato e benché Corona si impalchi a giudice "la Juve sapeva, io avevo denunciato la ludopatia di Fagioli ad agosto, la Juve deve essere retrocessa per illecito" (confermando che le argomentazioni dell'ormai celebre generale sono discutibili, ma che il titolo del suo libro "Il mondo al contrario" è azzeccatissimo), la Juventus (che con un comunicato – cosa rara- ha replicato) nulla arrischia. Corona che fa il giudice neppure è un ossimoro: è altro. Detto questo, pur con un ego smisurato, Corona sta facendo il lavoro che i grandi media non hanno fatto. O non hanno voluto fare. Perché di calciatori scommettitori si vociferava da almeno un anno. Oggi tutti i media sono a "rimorchio" di Corona.
Seconda considerazione: non si può violare la privacy dei calciatori. E quindi né le società, né la Federazione possono essere messe nel tritacarne per questo. Ma le società dovrebbero far sottoscrivere al momento del contratto ai propri tesserati, regole che consentano la rescissione immediata del medesimo in caso di violazione delle norme federali. Quanto alla Federazione, quando si deciderà a fare delle vere "riforme", sarà sempre troppo tardi. In ogni caso, chi ha sbagliato (giocatori e mondo che gravita attorno ai giocatori) deve pagare. Non si può minimizzare.
C'è un aspetto che tocca anche il governo. Le società abilitate alle scommesse muovono montagne di denaro. Per gli editori (che ormai le accolgono nei loro programmi) e per lo Stato. Parlo di società che giocano "pulito". Ma il "liberi tutti" deciso anni or sono, ha consentito troppe infiltrazioni malavitose. E' impensabile che il fenomeno (peraltro antico) si sia realizzato "solo" negli ultimi 12 mesi. La Guardia di Finanza in Italia è efficace. Ma le maglie di questa attività sono troppo larghe.
Infine c'è l'aspetto umano. Il solo Fagioli pare abbia bruciato nelle scommesse un milione di euro. Si chiama ludopatia, ed è una malattia sociale. Che può essere curata. Chi ne soffre, quasi sempre, tende a riempire "vuoti" causati da altro. La speranza di arricchirsi velocemente incide per una percentuale irrisoria. E' la "scarica" che produce il "rischio" ad incidere. Il ludopatico è un malato, non un criminale. Ha ragione Corona: il vizio del gioco è come l'assunzione di cocaina. Però si può smettere: bisogna volerlo. Senza cercare scorciatoie che non ci sono. Le scorciatoie terminano quasi sempre in qualche precipizio.
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