Con Gabriele Gravina al comando il calcio italiano non ha futuro

Con Gabriele Gravina al comando il calcio italiano non ha futuroTUTTOmercatoWEB.com
Ieri alle 00:31Il tackle di Andrea Bosco
di Andrea Bosco

Come prevedibile, Gabriele Gravina non si è dimesso da presidente della Figc. C'era chi lo sperava, ma solo chi non conosce il gattopardo poteva ipotizzarlo. Gravina, anzi, in conferenza stampa si è stizzito per quanti avevano adombrato l'idea che potesse fare un passo indietro. Lui ha l'appoggio dei potenti. Sono tutti amici di Gravina. Ha spiegato uno dei vice di Giorgia Meloni, il “milanista” Matteo Salvini: “Serve ripartire, cambiando Spalletti, non Gravina”.

Esclusione dal mondiale (la seconda di fila, nella prima c'era il compianto Tavecchio), Europeo (di rigore) con Mancini, oggi altro flop pazzesco in Germania. Era dai tempi della Nazionale (con gli oriundi “bolliti”) che perse la qualificazione al Mondiale del 1958, battuta (nel fango) dall'Irlanda del Nord, che non si vedeva tanta modestia tecnica. Un'ameba: sfinita, incapace di correre, di combattere, incapace di lottare.

Ma non è colpa di Spalletti se l'unico fuoriclasse l'Italia ce l'ha in porta: Gigio Donnarumma. Il resto è roba sopravvalutata. Ci sono giornalisti (quelli che avevano paragonato Barella a Modric) che dovrebbero cambiare mestiere. Spalletti sicuramente ha commesso errori. Ovviamente conta anche la buona sorte. Quella che gonfiò le vele di Roberto Mancini e che non ha gonfiato (a suo tempo) quelle di Antonio Conte e ieri di Spalletti. Che, a mio parere, è stato giusto riconfermare. È un bravo allenatore che potrà rimediare agli errori. Ai quali, viceversa, non potrà rimediare Gravina Gabriele. La sua protervia nel riconfermarsi è la peggiore notizia che il calcio italiano potesse ricevere. In sei anni non ha fatto alcuna delle riforme sbandierate.

Inutile nascondersi dietro alla foglia di fico dell'autonomia delle Leghe. Lui non ha creato le condizioni per riformare. Lui, come il Principe di Salina, finge di “cambiare tutto, affinché tutto possa continuare come prima”. È una logica perversa, che va oltre il calcio e lo sport. C'è una consistente parte del paese refrattaria alle riforme. Che fa della “conservazione” il suo mantra. Che dice “no” a prescindere. Che se ne frega del bene comune, interessata solo al proprio particulare.

Per capire chi sia Gravina, servirebbe scorrere la sua storia: personale e sportiva. Bisognerebbe riavvolgere il film sul “miracolo” Castel di Sangro, che ne favorì l'ascesa nelle leghe minori, fino a portarlo alla presidenza della Figc. Un'ascesa per la quale tutti sono responsabili, visto che alle ultime elezioni Gravina ha ottenuto una maggioranza bulgara: i club dei dilettanti, quelli della Lega Pro, la serie B, la serie A, gli allenatori, i giocatori, gli arbitri. Tutti hanno votato a favore di Gravina. La disfatta all'Europeo è figlia di ognuno di loro. E dei media che attorno a Gravina hanno creato una confort zone. E pensare che per una settimana le penne (va beh, le tastiere) italiche avevano ironizzato sugli orologi, sulla cioccolata, sulle mucche, sulle banche svizzere. Tutti silenti. Tutti a lezione dal genio Xaka.

Con Gabriele Gravina al comando non può esserci futuro per il calcio italiano. Dice: non ci si dimette prima di una Olimpiade. Già, perché poi c'è anche la questione del calcio che finanzierebbe tutto lo sport italiano. Non è più proprio così, ma la vulgata è rimasta. E quindi: dopo le Olimpiadi, Consiglio Federale. Per decidere cosa? La permanenza di Gravina, ovviamente. Ci sono le qualificazioni ai mondiali che incombono. Commissario straordinario? Un Guido Rossi (con sciarpa tifosa) non c'è. Ergo: nessun commissario. Gravina forever. E se andrà male la qualificazione ai mondiali, ci sarà sempre il destino “cinico e baro” da tirare in ballo: mai Gravina.

Conclusione: l'Italia non ha un Kane e un Bellingham in grado di ribaltare in quattro minuti un risultato sfavorevole. Ha in quei ruoli uno Scamacca e un Frattesi. Con tutto il rispetto, altre categorie. L'Italia però ha Gravina Gabriele: il re della supercazzola. Uno che neppure Comunardo Niccolai...