Le qualità e la crescita di una Juve che mette paura (agli altri)
Nessuno e dico nessuno avrebbe mai immaginato una Juventus così in alto, tra le vette rarefatte della classifica, dopo 15 match di campionato. Con cifre e distacchi sulle dirette concorrenti che appaiono realmente macroscopiche: 36 punti fatti e secondo posto in graduatoria, + 12 sul Napoli campione d’Italia, + 7 sul Milan, e una difesa ferrea, incrollabile, che nelle ultime 10 esibizioni ha incassato solamente 3 reti, risultando la seconda miglior retroguardia della Serie A. Questa Juve si ritrova in posizioni di vertice e incomincia a mettere paura a chi aveva già cantato il “de profundis” dopo le sterminate e ingiuste critiche all’allenatore, trattato da taluni come un incapace e in maniera malevola, e dopo l’incredibile debacle contro il Sassuolo al Mapei stadium, che ad oggi, rimane l’unica vera caduta della squadra di Allegri. Una Juventus sorprendente, in striscia positiva da 10 turni, che ha saputo fare ampiamente tesoro della tormentata scorsa stagione, quando inumane pressioni esterne al terreno di gioco, ne avevano minato fortemente le fondamenta. Il gruppo però c’era e l'allenatore pure, e la dimostrazione palese sta nel fatto che senza penalizzazione i bianconeri avrebbero giocato ugualmente la Champions, ma oggi il gruppo, lo spogliatoio, si è ulteriormente rinsaldato attorno ai dettami di un tecnico con le idee chiarissime e di un gruppo dirigenziale, come Manna e Giuntoli, che sono uomini di calcio e di confronto quotidiano con tutte le componenti.
Lo spirito di questo insieme di giocatori è lievitato in maniera impensabile, forgiando una mentalità affamata e granitica che viene riversata puntualmente sul campo, e con risultati di alto livello: nessun confronto diretto perduto, vittorie con Lazio, Fiorentina, Milan e Napoli, pareggi con Atalanta e Inter, e le tanto vituperate trappole da evitare, con le cosiddette piccole, hanno portato alla Continassa ben 22 punti. Insomma un percorso lodevole, ben sapendo che nulla è stato conquistato e la strada è ancora molto lunga. Una rosa sicuramente inferiore e meno profonda, sulla carta, rispetto alle milanesi e ai partenopei, che continua a tenere saldamente la barra a dritta, e non per imprevedibile e immaginaria botta di fortuna come alcuni si dilettano ad asserire; questa Juve sfoggia un’anima guerriera, tutti corrono, lottano, si aiutano vicendevolmente e hanno in testa solo una cosa: vincere. Proprio quello spirito di squadra che mancava nelle passate stagioni, diventata una qualità assoluta e imprescindibile che serve per andare lontano. Una fase difensiva tetragona, da sempre elemento cardine per arrivare fino in fondo agli obiettivi, che spicca, a occhio nudo, per determinazione, cattiveria, concentrazione e capacità di chiudere tutti i varchi che, sistematicamente, i rivali cercano invano di trovare, un vero e proprio muro che si esalta nel difendere con grande attenzione, depotenziando gli attacchi avversari.
Contro il Napoli, ad esempio, abbiamo visto marcature spesso raddoppiate o addirittura triplicate sulle pedine avversarie più pericolose, segno che il sacrificio dei singoli, in questa squadra, è pane quotidiano. In mezzo a tanta voglia e combattività, emerge una squadra vera che sa muoversi in maniera armonica e reattiva, pronta a ripartire e andare dall’altra parte per fare male al nemico calcistico. Un dato lo certifica, la Juve per 12 volte, in questo campionato, è passata in vantaggio e 11 volte ha portato a casa la posta piena. In questo panorama di standard elevato, emergono anche le invidiabili prestazioni dei singoli, e allora diventa un piacere notare l’approccio ottimale ad una maglia pesante come quella della Vecchia Signora, di Andrea Cambiaso, instancabile nelle due fasi, la corsa continua di un Wes McKennie, che in molti avrebbero rottamato, e che con il suo continuo moto perpetuo eroga dinamismo e sostanza al centrocampo, un Rabiot tornato ai fasti della scorsa stagione, sempre più leader e uomo decisivo e trascinante. L’emblema della Juventus operaia e volenterosa di oggi è Federico Gatti, crescita esponenziale la sua, con migliorie in difesa e realizzazioni stradecisive come quelle di Monza o in casa con Torino e Napoli, senza dimenticare l’abnegazione di Locatelli, l’implacabilità gladiatoria di Bremer, le rivincite di Rugani e la ferocia slalomeggiante di un Chiesa che farebbe ancor più la differenza, se solo avesse maggior continuità di prestazioni anche all’interno della stessa gara.
In verità, ad oggi, tutti i ragazzi che indossano la maglia vanno lodati, tutti sono ingranaggi preziosi di un meccanismo che funziona come un orologio atomico e che ha fame di soddisfazioni, vittorie e pesanti rivincite. La forza della Juve, oggi, sta nella lucida forza mentale del collettivo che poi viene imperlato da prestazioni personali, di volta in volta, raggianti e splendenti, ma anche la dedizione totale di chi gioca meno o risulta poco brillante in partita, trova il suo coronamento nei risultati di squadra. La Juventus è una compagine che corre, sta bene fisicamente e si esalta per la tenuta psicologica in partita, ben sapendo che ci sono ancora parecchi margini di miglioramento, vedasi i pochi centri degli attaccanti: chissà cosa potrà accadere quando anche gli avanti troveranno la via del gol. Giusto, a questo punto della stagione, celebrare numeri e rendimento della Vecchia Signora operaia e umile, che sa badare al sodo senza eccessive sbavature o svolazzi, ben sapendo che servono piedi ben piantati a terra senza celebrarsi troppo. A dicembre nulla è stato fatto, nulla è deciso, la via per arrivare alle stelle, si sa, appare lunghissima e disseminata di difficoltà e insidie. L’importante è non mollare mai il colpo, facendosi trovare pronti con la stessa determinazione, sostanza e ferocia mostrate sin qui.
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