La grande occasione persa, senza entusiasmo

La grande occasione persa, senza entusiasmoTUTTOmercatoWEB.com
domenica 15 settembre 2024, 23:59Editoriale
di Roberto De Frede
La passione in tutto... Desidero le più lievi cose perdutamente come le più grandi. Non ho mai nulla intrapreso, senza avere in me la risoluzione di perdere la vita piuttosto che rinunziare. Gabriele D'Annunzio

Voglio sperare che ad Empoli i bianconeri abbiano almeno fatto un giro turistico godendo della meravigliosa facciata della Collegiata di Sant’Andrea dallo stile romanico fiorentino. Almeno loro in tal modo si sarebbero riempiti gli occhi di magnificenza. Noi “ammirandoli” in campo abbiamo invece visto il nulla; del bello - non scherziamo - neanche a pensarci. È mancato tutto ciò che necessita ad una squadra per vincere: voglia nell’afferrare i minuti che scorrono inesorabilmente e entusiasmo di chi può godere di una vittoria cercandola giocando sul serio una partita di calcio.

Salvo caduta massi – e tanti ne sono caduti ieri pomeriggio al Castellani - pareva proprio che, per ricominciare ad essere la Juventus, questa poteva essere la stagione della grande occasione. I dubbi cominciano a offuscare questo vocabolo decisamente positivo, intendendolo come momento favorevole da prendere al volo mentre ci “cade di fronte” (ob-càdere), dopo vari accidenti degli ultimi anni. Questo è il senso più alto e nobile, non edonistico, del tanto abusato carpe diem. Fra le traduzioni più belle dell’ode I,11 di Orazio ricordo quella del latinista Enrico Turolla. «Dum loquimur, fugerit invida / aetas: carpe diem, quam minimun credula postero», ovvero: «Mentre stiamo parlando è già fuggito il tempo che ci odia; cogli come fiore la giornata, e cerca di fidarti il meno possibile sul giorno di domani». Cogli come fiore la giornata, solo così il carpe diem, troppo spesso ridotto a slogan per t-shirt a buon mercato, ritorna ad essere fecondo insegnamento dei classici. Cogliere nel giorno che ci è assegnato il meglio delle nostre possibilità, accorgersi della gratuità di ogni giorno che ci viene offerto e imparare a farne tesoro, a vivere davvero, pienamente qui e ora, hic et nunc. Avvertire la preziosità del tempo che scorre non è fiondarsi in una precipitosa guerra contro il tempo, ma è saper cogliere l’occasione nell’attimo in cui ciò che attendevi ti sorprende e ti si offre a portata di mano. Il kairòs - uno dei quattro termini greci per indicare il tempo - è il momento che irrompe a dar senso a tutto. L’arte antica lo raffigura come un genio con le ali ai piedi, con un’acconciatura che sembra quella di qualche adolescente di oggi: un lungo ciuffo di capelli che scende giù fin quasi a coprirne la fronte e il volto, capelli rasati a zero sulla nuca. La grande occasione devi dunque acciuffarla quando ti si presenta di fronte. Non riesci ad afferrarla più quando sei alle sue spalle. La partita con l’Empoli era un’occasione, giocata praticamente con la rosa al completo: non è stato così, uno scialbo pareggio a reti inviolate ha lasciato fiumi di amaro in bocca, pensando agli incontri prossimi. Orazio di certo non pensava al campionato, alle vittorie e al primo posto in classifica, bensì alla vita; ma allora quanto è vero il pensiero sartriano sul calcio quale metafora della vita!

Un minuto sudato, una zolla conquistata, un gol cercato, insperato e realizzato! La Juventus avrebbe dovuto condire questi attimi – ahimè non carpiti! - con tanto entusiasmo. Ci può star benissimo ricordando un altro grande poeta – parlo naturalmente di Pasolini - che amava associare spesso il calcio alla poesia, il gol al momento poetico per eccellenza.

L’uomo si è interrogato fin dalla più remota antichità sul mistero della creazione poetica. Da dove proviene quella scintilla da cui nasce la poesia? Cosa accade nella mente di chi concepisce versi? L’ispirazione rappresenta tutt’oggi un enigma che è ben lontano dall’essere risolto. Nella cultura occidentale la configurazione più diffusa e canonica dell’ispirazione poetica è affidata alla parola greca enthousiasmós, che indica letteralmente la condizione di chi è posseduto da un dio. Alla base di questa concezione c’è il profondo pensiero che la poesia sia ispirata dagli dèi: un’idea questa che affiora ripetutamente di epoca in epoca e si presenta quasi come un sapere esoterico sulla divina origine della poesia.

I Greci antichi però credevano che nulla di ciò che vale accada da sé. Alla forza che ci spinge a essere la faticosa, ma stupefacente migliore versione di noi seppero dare una parola precisa: entusiasmo. Tuttavia la religione non ha nulla a che fare con quest'etimo: l'entusiasmo non era questione di fede, ma di tensione verso l'alto. Passione, ispirazione, intensità, voglia e bisogno di farcela a ogni costo. Nulla di tutto questo si è visto tra i bianconeri, in campo e in panchina con un Motta ridimensionato ad un mottino. Era la consapevolezza della piccolezza umana a spingere il soldato in battaglia o il poeta implorare chi più in alto di lui stava: «Cantami, o Musa». Se dovessi tradurre questa parola oggi, direi semplicemente: desiderio e determinazione per qualcuno o per qualcosa. L'unica possibilità è dare il meglio di noi e fidarci di un sentimento che ci porta a essere "più grandi” di quanto sospettassimo, nella misura di ciò che siamo disposti, entusiasti, a dare. Omero non si limitò certo a sedersi e ad attendere che dalle vette dell'Elicona, una Musa, quel giorno senza impegni, gli dettasse pari pari Iliade e Odissea.

Auspicavo una Juventus entusiasta che avrebbe saputo cogliere gli attimi vincenti partita per partita: poteva essere davvero una grande occasione, mi sbagliavo. Il libro delle Odi di Orazio, dopo lo spettacolo di ieri pomeriggio, sicuramente alla Continassa manca, come i poemi omerici che danno tanto vigore all’anima. Libri che possono pur mancare… ma come è possibile che a mancare sembra proprio essere l’anima?

Pensavo che dopo la sosta e con i sette punti acquisiti si potesse “ricominciare da tre”. Mi sbagliavo. Soltanto i grandi lo sanno fare, e mi riferisco a Massimo Troisi e al titolo del suo primo capolavoro. Qui bisogna ricominciare da zero, come tutte le persone normali fanno con grande fatica, perché quella squadra vista ieri pomeriggio è una squadra normale, non è la Juventus entusiasmante che ha reso leggendaria quella maglia nel mondo.

Roberto De Frede