Il provvidenziale Manchester per il risveglio bianconero, ma poi…
Da un evento bisogna pur ricominciare, e se questo è positivo, meglio ancora. La vittoria in Champions League contro il Manchester City è stato un avvenimento catartico, quasi un rito di passaggio per la Juventus.
In antropologia religiosa, l’espressione “riti di passaggio” fu introdotta dallo studioso francese Arnold Van Gennep nel suo saggio Les rites de passage del 1909, a indicare la specie, universalmente diffusa, di riti che accompagnano e sanzionano qualsiasi cambiamento di condizione nella vita dell’individuo e della collettività. Di solito nei riti di passaggio si osservano tre momenti più o meno distinti: i riti di separazione dalla condizione precedente, i riti connessi a uno stato di transizione tra la condizione precedente e quella futura, e i riti di entrata nella nuova condizione. La Juventus quindi è passata dalla pareggite cronica, ad una giostra tecnico-tattica fino ad arrivare alla condizione nuova che le è storicamente più congeniale, quella della vittoria, dopo un secondo tempo intelligente, portentoso e coraggioso, liberandosi finalmente da un’ombra nera che gravava su di lei. Contro la squadra inglese quel peso è svanito, come quando si balla di gioia tra le macerie, alla notizia che la guerra è conclusa. Protagonista di una catarsi, quale purificazione da un’oscurità vinta dalla luce.
Soltanto la lingua geniale dei Greci poteva venirci in soccorso: κάθαρσις (kátharsis) ovvero ritornare mondati, puri, dall’aggettivo καϑαρός (katharòs), quindi essere umani appena venuti al mondo. Non la prima volta, ma un’altra volta ancora. La Juventus è nata nuovamente, vincente, senza zavorre tossiche. Infatti in medicina, a partire da Ippocrate, catarsi è diventata la disintossicazione da ciò che contamina, materialmente o spiritualmente il corpo. Da Pitagora in poi, la catarsi è stata invece la risoluzione di un problema matematico, mentre con Freud, lo sfogo, la liberazione da ogni stato ansioso, che si ottiene soltanto dopo aver rievocato e vissuto gli eventi che di quegli stati ansiosi erano l’origine. Catarsi più semplicemente vuol dire lasciare andare ogni dolore, ogni ombra: ogni passione che ci si ritorce contro deve poter essere presa e lasciata in un posto, al di fuori di noi. La vittoria contro l’undici inglese di Guardiola avrebbe potuto allontanare i noiosi e inutili pareggi...
Già. Allontanare ogni ombra, senza dimenticare Virginia Woolf nel romanzo Gita al faro, ove la scrittrice londinese dona un insegnamento da cui tutti dovrebbero trarre frutti: «una luce qui richiede sempre un’ombra laggiù».
Tutto vero o quasi, fino a quando non è sbarcata all'Allianz la Serenissima Repubblica di Venezia con la maglietta del Manchester City. I lagunari ha coperto nuovamente con ombre e grigiore denso e cupo quella catarsi tanto osannata che tale non era, bensì solo illusione, combinazione e speranza. La Juventus è questa: pareggiare in modo imbarazzante con l'ultima in classifica e solo a tratti buttare a casaccio in campo schegge e reminiscenze di quello che fu, quasi per istinto, quasi fossero soltanto le casacche bianconere a ribellarsi e a volersi destare da questo incubo, un sonno profondo lontano anni luce dal risveglio illusorio visto contro i malconci inglesi.
Manchester provvidenziale, assolutamente sì, per aver chiarito ancor di più le ombre.
Roberto De Frede
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