La centralità del Tudor pensiero: il gruppo unito e coeso

Anzitutto i risultati, un comandamento imprescindibile e non di poco conto. Igor Tudor è stato chiamato dalla proprietà per cercare di salvare la stagione bianconera, dopo otto mesi pressochè fallimentari ad opera della passata gestione, targata Thiago Motta. E i risultati al momento stanno arrivando, prestando molta attenzione alla realtà ed evitando ogni tipo di trionfalismo o enfatizzazione: 7 punti in tre partite sono oro colato per la classifica esangue di una Juve che, a fine marzo, sembrava aver smarrito la bussola, sotto ogni punto di analisi. Una situazione assai complicata e contorta da risolvere in pochissimo tempo, un ginepraio da districare con mille problematiche assortite, insomma una patata bollentissima anche solo ad avvicinarsi, figuriamoci a maneggiarla. E con una data di scadenza ben impressa come un diktat non dilazionabile, 9 partite di campionato per tentare l’impresa di guadagnarsi l’obiettivo minimo della qualificazione alla prossima Champions, ultima meta raggiungibile da una Juventus malandata, umiliata, mai sbocciata, afflitta da mille fragilità mentali e incertezze, da lettino dello psicanalista. Mister Tudor è arrivato e ha sfoderato le armi muscolose in suo possesso, juventinità profonda, capacità di ricompattare un gruppo devastato, mettendo gli uomini al proprio posto sulla scacchiera del prato verde, portando contemporaneamente, vigoria, entusiasmo e nuova linfa energetica, unitamente alle sue idee e alla capacità gestionale. I risultati stanno arrivando, cosa basilare, conditi anche da prestazioni buone, una vera novità per la Juventus deludente di questa stagione. Contro il Lecce si è vista un’ottima Juve nel primo tempo con due assist di Vlahovic, il gol da playstation di Yildiz e finalmente una gioia per i tifosi giunta da Koopmeiners, poi Madama nella seconda frazione ha cercato di amministrare, non riuscendoci, calando vistosamente nell’intensità e nei ritmi, assumendo un atteggiamento superficiale e negli ultimi dieci minuti rischiando, di brutto, di scialacquare una vittoria che sembrava ormai solidamente in carniere.
E Tudor, nel liturgico viavai di interviste post gara, non si è certo risparmiato nell’appuntare alcune dovute critiche all’attitudine colpevole della squadra, un atteggiamento con poca fame e con pochi segnali da vera Juve. Lui tecnico tutto di un pezzo che conduce da bordo campo i suoi ragazzi, perennemente in piedi, sbracciandosi, sgolandosi e chiedendo tutto ciò che si è provato alla Continassa in settimana, con tanto duro lavoro e applicazione: perché il Mister croato sa benissimo di giocarsi, in questa mini porzione finale di stagione, tutte le chance per provare a restare sulla panchina della Vecchia Signora. Un finale di annata imperniato su risultati brillanti, prestazioni convincenti e frutti luminosi, ecco la strada tracciata per tentare di convincere i piani alti, al fine di meritare la riconferma. Quattro mesi da giocarsi in trincea, a velocità supersonica, senza indugi o mollezze, facendo la Juve, e con la possibilità di poter sbagliare nulla o quasi, questa la ricetta di Igor da Spalato. E da uomo vero, senza troppe esitazioni nella comunicazione, e forte delle sue idee, Tudor ha affermato chiaramente di non essere contento della ripresa disputata dai bianconeri, avendo notato una squadra che doveva chiudere la sfida molto prima, preferibilmente a latere di un primo tempo ottimo, costruito su tante chance da rete non capitalizzate e un costrutto di gioco decisamente dominante. Bene così per l’esito del punteggio, ma il Mister pretende legittimamente di più dai suoi ragazzi, che ha forgiato come un gruppo tosto, dopo lo sbriciolamento dello spogliatoio e dello spirito pugnace, durato fino al suo arrivo. Ma la vera stoccata è giunta, saettante e ficcante, a riguardo dei subentranti, un appello senza mezze parole e privo di esercizi dialettici spostando accenti, proprio come deve fare un allenatore sanguigno, che ama la Juve come un’istituzione di vita. Faccia rivolta alla telecamera, Tudor ha tuonato con la sua voce baritonale:” I cambi non mi sono piaciuti. Il calcio non è più come prima con i 5 cambi. Loro devono cambiare il modo di pensare da titolare o non titolare. Oggi non mi sono piaciuti come sono entrati. Bisogna crescere in fretta, la cosa più importante è la squadra".
Touchè Mister e centro perfetto sul bersaglio: la cosa più importante è la squadra! In questo finale di stagione non serve l’ego personale, va bandito l’io sfrontato o il guardare al minutaggio del singolo, conta solo la squadra con i propri equilibri, movimenti e situazioni che devono portare al risultato finale, preferibilmente con i tre punti in saccoccia. La priorità è questa e deve essere questa per tutti, sia per chi parte dall’inizio sia per chi entra a partita in corso; lo spirito Juventus significa proprio questo in generale, a maggior ragione per il comandante Tudor, chiamato alla missione difficilissima. Il gruppo davanti a tutto, una squadra unita, fortificata nei legami, con tutti i ragazzi capaci di mettersi a disposizione per arrivare ad ottenere l’obiettivo: la centralità del Tudor pensiero è tutto radicata lì, perché solamente con l’aiuto, il massimo impegno e la totale concentrazione di tutti, si potrà portare in porto una navicella flagellata e sbattuta dai marosi, per fin troppo tempo. Tudor è in plancia di comando e si giocherà tutte le carte a sua disposizione secondo i dettami in cui crede, dedicandosi anima e corpo per il bene della sua Juventus. Poi da ex calciatore sa benissimo che chi gioca meno non sarà sicuramente appagato, sorridente e baldanzoso, ma l’obiettivo da raggiungere è troppo importante per badare, almeno in questo momento, alla felicità dei singoli e di chi deve ritagliarsi solo alcuni spicchi di partita o di chi proprio non scende in campo. La missione di Igor Tudor è una e una sola, una Juve unita e dedita alla causa, che sappia pedalare, lavorare, migliorare per arrivare a dama, tutto il resto si vedrà in seguito, perché una missione per dirsi pienamente riuscita necessita del posto Champions. Il resto sono quisquilie, l’unico dettaglio su cui è focalizzato il Mister è guidare un gruppo tetragono negli intenti, nella volontà e nello spirito: formazione a testuggine per arrivare a sorridere a fine campionato, tutti insieme.

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