Motta, è giunta l'ora di cambiare: la mentalità viene prima degli schemi, l'identificazione prima del proprio ego

Motta, è giunta l'ora di cambiare: la mentalità viene prima degli schemi, l'identificazione prima del proprio egoTUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 00:12Editoriale
di Vincenzo Marangio

Lo dico da subito per chiarezza: io ho ancora fiducia in Thiago Motta. Sono molto deluso, questo è certo, mi aspettavo un impatto difficile ma molto diverso da quello francamente disastroso visto fino ad ora, avevo messo in conto tutte le difficoltà del caso per un allenatore alla sua prima esperienza su una panchina del calibro di quella della Juve con tutto il suo carico di responsabilità e aspettative. Quello che mi ha stupito, in negativo, è la scarsa predisposizione da parte di Motta di voler apprendere veramente il mondo Juve prima di instillare i propri principi di gioco, di capire cosa significa essere alla Juve prima di lasciare la propria impronta, e invece il tecnico bianconero entrato con grande rispetto, educazione ed entusiasmo, ha scelto un po' troppo presto di imporre le proprie idee in un mondo che ancora fatica a capire. Forse "ossessione" è una parola sbagliata, eccessiva ma è quella che più si avvicina al dna juventino quando si pensa alla vittoria che resta l'unica cosa che conta. Pensare che giocarsela, lavorare e crescere basti alla Juve, equivale a pensare che i pareggi vadano bene perché rappresentino una mezza vittoria, e perché in fondo la squadra è ancora imbattuta. Si ma a che prezzo? La squadra ha paura di vincere, anche quando potrebbe farlo in carrozza, si esalta quando pareggia in rimonta contro squadre che avrebbe dovuto dominare trincerandosi dietro un sorriso di moderata soddisfazione per un cammino assolutamente insufficiente.

Quindi, caro Motta, forse è giunto il momento di fare un passo indietro, accettare il dialogo con chi conosce e ti può spiegare la Juventus e non accompagnarlo alla porta perché non segue le tue idee che potranno anche essere valide ma, al momento, non funzionano. Il riferimento è, per uscire dal non detto, a come è stata gestita la questione Danilo, un giocatore che non mi ha mai fatto realmente impazzire ma ultimo vero baluardo di una juventinità appresa dai più grandi e che avrebbe voluto tramandare ai nuovi compagni e, perché no, anche al tecnico. Probabilmente un allenatore che vuole essere leader per poter gestire al meglio il gruppo di lavoro questo tipo di personalità non le gradisce. E così mentre a Napoli si stanno juventinizzando, noi ci stiamo (con tutto il rispetto) napoletanizzando. Serve un'immediata inversione di tendenza in una squadra e uno spogliatoio che, per ammissione stessa di Locatelli (se non sarà certamente il solo) pecca di mentalità.

Si parla tanto anche delle responsabilità di Giuntoli, non esente certamente da qualche errore, ma senza inquadrare le mosse più rischiose che vado ad elencare in modo da togliervi ogni dubbio sulla mia onestà di giudizio: sottovalutare le condizioni di Milik; sprecare molto del budget investito per giocatori che forse non sono capiti e valorizzati dall'allenatore da lui scelto e, soprattutto, privarsi a cuor leggero prima di Rugani e poi di Danilo. Quest'ultimo è l'errore più grande, e non perché parliamo di due fenomeni, ma perché andare sul mercato dei difensori con la coperta più lunga ti rende più facile agire senza farti prendere per il collo da chi sa che sei con l'acqua alla gola. Ma non dimentico la qualità del lavoro in uscita e la intuizioni in primis di Conceicao e Kheprem Thuram. Ora però il tempo stringe e più passa il tempo e più gli errrori commessi questa estate (e con Danilo) possono nuocere alla squadra per tutto il complicato mese di gennaio. Sono certo che uscirà da fuoriclasse, vedrete. Per quelle che sono però le possibilità di cassa della società...