Finale di Coppa Italia: Juve tira fuori l’orgoglio
Dopo la prestazione imbarazzante di domenica contro la Salernitana, la Juventus si tuffa sul secondo e ultimo obiettivo stagionale. I bianconeri, autori di un primo tempo incommentabile contro un avversario già retrocesso, hanno archiviato l’agognato obiettivo Champions staccando il pass, in virtù del risultato giunto da Bergamo. Altrimenti ci sarebbe stato ancora da attendere per l’aritmetica certezza, visto che Madama non sa più vincere anche contro un undici che non aveva più nulla da chiedere alla stagione. Ma ora tutto va archiviato e messo da parte, arriva una finale di Coppa Italia da giocarsi e serve concentrare tutte le residue energie psicofisiche, associate alle scarsissime certezze, di una squadra indecifrabile e inspiegabile, giunta agli sgoccioli di stagione con il fiatone e le idee annebbiate, pur giocando solamente una volta alla settimana. Il cliente è altamente ostico, l’Atalanta appare come uno degli avversari più in forma d’Europa in questo momento; agli uomini di Allegri si chiede massimo impegno, e un barlume di lucidità, per onorare sul campo un trofeo che, ha già battezzato stimmate e impronte digitali bianconere, per 14 volte nella storia.
Gli orobici arrivano all’appuntamento in condizioni straordinarie, con una grande fiducia che deriva da esuberanza atletica e prestazioni tecniche di assoluto livello, esattamente agli antipodi rispetto a ciò che sta mostrando una Juve sfiatata, e al limite dei trattati di psicoterapia. Una squadra, quella di Allegri, che pare avere poche armi da contrapporre ai bergamaschi che giungono all’atto finale con i favori del pronostico. Ma una finale è sempre difficile, se non impossibile, da pronosticare e leggere in anticipo, le componenti che intersecano i destini, sul terreno di gioco, delle due squadre sono mille e più, con altrettante varianti e imprevisti. In una gara secca non esiste un canovaccio già scritto, perché il calcio non è materia esatta e sa sempre sorprendere: un episodio, un fallo, un cartellino, un legno colpito o una reazione scomposta, possono invertire la sorte predestinata, soprattutto in una partita secca che non ammette repliche o recuperi. Allegri dovrà puntare sull’orgoglio e la voglia di rivalsa di una squadra che, fino a fine gennaio, aveva saputo imporsi e tenere botta nelle alte sfere del campionato, poi, improvvisamente, quasi senza una motivazione razionale, si è vaporizzata, dispensando amarezze, delusioni e gestioni incomprensibili ai propri tifosi. Di partita in partita, sempre più, la Juve si è disgregata in mille rivoli, facendo stropicciare gli occhi ai propri supporter, non certo per frecciate positive, e prestazioni e risultati non degni della Maglia.
In una finale, oltre a correre bene e ad avere idee chiare e fame, serve sicuramente l’esperienza del gruppo e Mister Allegri ha giocatori che qualcosa possono dire sotto questo aspetto, ma sarà necessaria una prova che distilli anche altri ingredienti fondanti: voglia, orgoglio e attributi. Senza queste caratteristiche sarà veramente difficile che Madama possa avere ragione di una rivale che macina tutto e ha, dalla sua, l’obiettivo primo di sollevare un trofeo, vinto per l’unica volta, oltre sessant’anni fa (stagione 1962-1963). Sulla carta, in questo frangente storico, contro la brillantezza e l’efficacia degli uomini di Gasperini non dovrebbe esserci storia, viste le prestazioni sciorinate dalla Dea, ma la Juve possiede da sempre un Dna ferreo e secolare da far valere, che in questa stagione, a dirla tutta, si fa fatica a rintracciare. L’Atalanta appare superiore in questo momento, l’auspicio dei tifosi zebrati è che finalmente il gruppo squadra tiri fuori un briciolo di carattere, appartenenza e fierezza, ribadendo il concetto universale del calcio che recita una legge non scritta ma terribilmente reale: ogni partita fa storia a sé.
La Juventus, in un tramonto di stagione tribolatissimo, ha l’occasione giusta per regalare una gioia ai propri tifosi, e non va sprecata la chance per tornare a sollevare una coppa dopo tre anni di oblio e digiuno totale. Migliaia di supporter bianconeri seguiranno in massa, all’Olimpico, i destini di Vlahovic e compagni, mentre milioni saranno davanti ai teleschermi trepidanti e inquieti, in attesa, magari, di una bella notizia sprigionata da una partita finalmente da Juve. I tifosi veri sono pronti a soffrire, quelli veri che amano i colori sociali e la Maglia al di sopra di tutto, quelli invece che sui social hanno vergato frasi patetiche auguranti il successo bergamasco, pur dichiarandosi juventini, meritano per ben tre motivi il successo bianconero: lesa maestà, tradimento della fede e copiosi travasi di bile. Orgoglio e attributi in bella mostra devono essere il diktat per la Juve domani sera: questa sarà l’ultima occasione, dell’annata, per dimostrare finalmente qualcosa. L’unica chance per tornare ad accendere la miccia di un entusiasmo sopito, soffocato da prestazioni troppo mediocri e troppo avvilenti per risultare vere.
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