LA RIVOLUZIONE GIUNTOLIANA POSTICIPATA.

LA RIVOLUZIONE GIUNTOLIANA POSTICIPATA.
venerdì 27 settembre 2024, 23:59Editoriale
di Claudio Zuliani

Storia di un rapporto mai nato. Potrebbe essere il titolo di un libro o di un film e sarebbe una sconfitta per tutti i protagonisti. È una storia vera invece e riguarda l’ultima stagione della nostra JUVENTUS. Cristiano Giuntoli non risponde alla domanda su Allegri nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Max non parla in pubblico da molto tempo e probabilmente non la farà ancora per un po'. Ma le cose si sanno e la freddezza delle dichiarazioni post finale di coppa Italia vinta, unite alle non dichiarazioni del direttore tecnico bianconero di oggi, ci fanno capire quanto abbiamo pagato il passaggio da una gestione all’altra.

Basta osservare i dettagli e contestualizzare frasi ed azioni. Due stagioni or sono Allegri si è trovato comandante unico di una squadra che aveva perso all’improvviso tutto il Board dirigenziale, presidente compreso. Il triennio di lavoro pianificato ha subito un’inaspettata frenata e l’obiettivo è diventato portare in porto la barca bianconera senza affondare. Allegri ci è riuscito grazie alla sua esperienza di allenatore navigato e di conoscitore del mondo juventino che ha frequentato per anni. Questo gli è stato riconosciuto e nessuno, tranne lui, sarebbe stato in grado di qualificarsi per la Champions League con una partita e l’altra pure dove non si sapeva quale fosse la reale classifica.

Finita la bufera con l’estromissione dalle coppe europee dettata dalla nuova coppia di fatto Gravina-Ceferin, ecco che la proprietà Elkann ha deciso di togliere ad Allegri lo scettro e di incoronare a nuovo Re l’attuale direttore tecnico GIUNTOLI. L’errore,probabilmente, sta tutto qui. In un’estate dove non si è voluto cambiare subito ma tergiversare. Dove i due hanno dovuto condividere il passaggio di consegne senza affinità caratteriali, di visione, di condivisione del progetto tecnico.

Il mercato estivo che porta solo Weah per motivi di bilancio. Il miracolo di clasisfica che porta la Juventus a competere per lo scudetto a gennaio. Il mercato invernale fatto di segnali: Djalo e Alcaraz mentre l’allenatore voleva un giocatore tipo Bonaventura. Uno esperto per rafforzare le possibilità di compoetere fino alla fine. Il dierttore guradava già lontano e cercaa  le sue prime mosse volte al futuro. Tradotto: il futuro, caro Max, non sei tu. Ecco che la squadra assorbe come una spugna la situazione, i giocatori odorano aria di guerra interna e capiscono che alla società non interessa la competizione ma porta avanti un solo gioco: il cambio dell’allenatore.

Allegri vince la coppa Italia e si sfoga, con gli arbitri e con il suo dirigente di rifermento che giorno dopo giorno ha vinto la battaglia del possesso. Ma non quello del pallone, quello politico del potere. Spalleggiato da AD e Presidente ecco che Giuntoli cambia la guida tecnica e porta a Torino Thiago Motta, il giochista. La stampa e i tifosi lo accolgono con entusiasmo, salvo poi criticarlo al terzo pareggio in campionato. La rivoluzione della rosa è completa.

Motta decide tutto. Chiesa no mentre McKennie sì. Giuntoli spende lo spendibile e vende quasi tutto il progetto Next-Gen valorizzato dal vecchio condottiero. Quando si cambia tutto si rischia, ha detto nella sua intervista Cristiano. Va bene, ma allora perché non farlo subito e aspettare un anno dove abbiamo buttato via la possibilità di giocarci lo scudetto fino alla fine? Questo si domandano i tifosi.

Ora tutto è chiaro ma lo scorso anno hanno giocato a non farcelo capire. Vediamo di non commettere gli stessi errori e di fidarci totalmente del nuovo progetto. A patto che l’obiettivo, anche se non dichiarato, sia da Juventus. Perché vincere resta sempre l’unica cosa che conta e la qualificazione per le coppe o andare in fondo in coppa Italia non può diventare la normalità “serena” dei colori bianconeri.

Noi siamo la Juve e si gioca per vincere titoli e come direbbe Dusan: "se non vinci una partita alla Juventus è FINIMONDO".