Una Juventus a due facce e il solito centrocampo
Finalmente la Juve torna a al successo in campionato: tre punti basilari e pesantissimi. In questo finale di stagione conta solo vincere per conseguire i punti che devono condurre, la realtà bianconera, verso il primario obiettivo Champions. Contro la Fiorentina è tornato il successo pieno dopo l’esito positivo nella semifinale di Coppa Italia contro la Lazio, ma non si può certamente tralasciare la sofferenza patita nel secondo tempo, dopo i primi 45 minuti disputati con brillantezza, equilibrio e ottimale occupazioni degli spazi. Una prima frazione di gioco che ha riportato indietro la memoria alla Juve di dicembre-gennaio, quando la squadra si compattava, aggrediva, pressava, e chiudeva le linee di passaggio avversarie, riuscendo a fare male in avanti: il gol di Gatti ha fatto sperare, un po’ tutti, in una seconda fase di match simile e meno racchiusa all’indietro. Invece la seconda parte di gara ha proposto una Juventus completamente diversa e arroccata all’indietro, con poco possesso, rarissime riproposizioni in avanti, tanta difesa e un paio di brividi veri scesi lungo la schiena, con Szczesny vero salvatore del risultato, grazie ad una parata miracolosa su conclusione di Nico Gonzalez. Perché questi due volti opposti e antipodici nello stesso match?
C’è chi ha cercato di spiegarne le cause affidandosi a statistiche e numeri, chi ha puntato il dito sui cambi effettuati, chi continua ad accusare Mister Allegri di poco coraggio, costringendo la squadra ad abbassarsi, mutando l’indirizzo e l’attitudine; personalmente ho un’altra idea, dopo attenta analisi del match, considerando reparto per reparto. Se nel primo tempo la Juve si è mossa in maniera armoniosa, non concedendo ne campo ne occasioni ai viola, proponendosi in maniera virile e convinta sul fronte d’attacco, nella ripresa la situazione si è totalmente ribaltata. Il centrocampo, fino all’intervallo, si è mostrato combattivo, dinamico e ben posizionato, otturando ogni via d’accesso ai giocatori fiorentini, con le due punte e gli esterni, capaci di abbassarsi per difendere, aggredire per riconquistare la sfera e riallacciare una manovra d’attacco, spesso pericolosa. Invece, dal ’46, la squadra non ha più mostrato risorse fisiche e nervose, e soprattutto l’atteggiamento idoneo, per reggere lo spartito e si è inevitabilmente racchiusa indietro, riuscendo pochissime volte a mettere i piedi al di sopra della linea mediana. Un secondo tempo eccessivamente difensivo che ha coinvolto tutti i giocatori bianconeri ma che ci ha raccontato, per l’ennesima volta, di un centrocampo non all’altezza del blasone di Madama. Locatelli, McKennie e Rabiot sono stati subissati, rivelandosi non più in grado di produrre gioco e di operare da frangiflutti: l’intensità è calata drasticamente, l’energia nelle gambe si è dissolta, le idee si sono annebbiate, prova ne siano le prestazioni insufficienti del trio in mediana.
Locatelli ha corso molto ma ha toccato pochissimi palloni, solamente 21 in tutta la partita, un dato che si commenta da sé, con un secondo tempo molto poco lucido. McKennie, benissimo nel primo tempo, è crollato nel rendimento apparendo sfiatato, e perennemente alla rincorsa degli omologhi avversari che hanno invaso il centro del terreno di gioco, Rabiot, poi, è stato il peggiore. Non una sgroppata, non un intervento di fisico, non una riproposizione delle sue. C’è un episodio chiaro, con il transalpino protagonista in negativo, che avrebbe potuto costare carissimo: metà della ripresa, Adrien esce dall’area, imposta e sbaglia lo scarico al compagno sui 35 metri, i viola recuperano palla e si involano, Rabiot poco distante dall’errore marchiano, trotterella, privo di lucidità aggressiva e senza la forza e la convinzione di andare almeno a contrasto. Insomma, purtroppo è una storia già raccontata mille volte, alla mediana bianconera mancano interpreti leader e ricambi di qualità, il centro nevralgico di una squadra passa da quelle zolle di campo, chi imprime i ritmi nelle due fasi parte proprio da lì, dalla mediana incriminata, che deve saper contenere per poi suggerire, smistare, proporre e possibilmente assistere, creando diversivi e incursioni.
Nessuna sorpresa insomma, il centrocampo di Madama è questo, il solito a cui siamo abituati, ma per tornare a competere ad alti livelli Giuntoli e il suo staff dovranno mettere pesantemente mano ad un reparto che ha assoluta necessità di essere elevato, in tutte le sue forme. Ma di mercato, ora, è inutile parlare, c’è un’annata da concludere con target da ottenere. Al netto di tutto, in questo finale di stagione, la Juventus ha il dovere di lottare senza mai mollare il colpo: nessun rivale regalerà minuti, occasioni e clemenza, tutti proveranno a sgambettare la Vecchia Signora, a partire dalla sfida stracittadina, di sabato, in casa granata. Tenere duro, correre e sacrificarsi, sciorinando tanta voglia di raggiungere gli obiettivi e mettendo tutto ciò che si ha sul prato verde, la formula non può discostarsi da questi pochi postulati. Vittorie e atteggiamento, ecco ciò che conta da qui a fine campionato.
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