Il segreto della Juventus a marzo... il mandorlo in fiore....

Il segreto della Juventus a marzo... il mandorlo in fiore....TUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 13:20Editoriale
di Roberto De Frede
Quei giuramenti, quei profumi, quei baci infiniti, rinasceranno. (Charles Baudelaire)

È quasi primavera, e la Vecchia Signora probabilmente già sente i benefici di questa stagione tanto attesa e amata. L’etimo ci rivela una considerazione solenne: la primavera è inizio. Principio di splendore, per tutto, per tutti. Nei cieli freddi spazzati dal vento si fa spazio un caldo sole che fa l’occhiolino ai fiori tanto cari a Van Gogh; la terra grassa al risveglio dal letargo inizia a fremere di margherite e si prepara a sollevare un manto smeraldino, proprio come l’erba di un campo di calcio. Una nuova energia di nascita e creazione fluisce dentro di noi ed è bene non farsela sfuggire, che ci metterà un anno a ritornare. Forse è il momento più sacro e tenero dell’immortale ciclo delle stagioni, l’occasione del riscatto e della palingenesi.

Quasi incredibilmente visto l’andamento altalenante tenuto sino ad ora, la Juventus è rientrata saldamente tra le prime quattro squadre che comandano la classifica del campionato, distaccata di soli sei punti dall’Inter capolista; con un pizzico di folle ottimismo, ricordando rimonte storiche e sperando nel loro rinnovarsi, i bianconeri potrebbero dare seri fastidi alle altre contendenti nella volata scudetto, rendendosi protagonista già stasera contro gli orobici. Vincerle tutte fino alla fine per una Juventus uscita dal letargo non è un’utopia, ma una possibilità da cogliere al volo. Del resto, è per rinascere che siamo nati, ogni giorno, cantava il poeta cileno, ed è giunto il momento in cui la Vecchia Signora dia un senso di rinnovata vitalità a questo indecifrabile campionato.

La Juventus è l’artista dei suoi trionfi, dei suoi capolavori e attraverso questi ha sempre espresso la sua identità nel corso della lunga storia calcistica, così come nei momenti grigi ha palesato le difficoltà personali, tecniche e societarie, egregiamente in seguito superate. Siamo sempre lì, rispolverando il pensiero di Sartre, l’arte e il calcio si identificano quali metafore della vita stessa.

Vincent Van Gogh è tra quegli artisti che, creando arte, parla di se stesso, come uno scrittore scrive la propria autobiografia. Un animo sensibile quello di Vincent per il quale pittura e vita diventano una cosa sola. Nelle Lettere a Theo, il suo amato fratello, scrive: «prima sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni». Van Gogh vive il mondo come una pittura sublime di cui mette in risalto i conflitti morali in una potente energia e così le sue pennellate ci dicono sempre qualcosa del suo stato d’animo.

Il desiderio di Vincent è quello di un'arte che doni gioia e consolazione ad ogni creatura, come avviene in Ramo di mandorlo fiorito, dove è tutto così sereno, disteso. Ebbene mi piace credere che la pittrice Juventus sogni e abbia in animo di regalare vittorie gaie e trionfi eclatanti ai suoi tifosi. Basta a pensare al mortificante ed economico quarto posto, che in ambito olimpico non darebbe neppure l’onore del podio, bensì una dolorosa, pesante, inutile medaglia di legno. In Ramo di mandorlo in fiore, realizzato nel 1890, siamo di fronte allo schiudersi della felicità: un vero inno alla vita raffigurato con pochi rami rigogliosi da cui nascono boccioli bianchi purissimi su uno sfondo turchese di un cielo brillante, limpido e sereno. Il ramo, come la primavera significa rinascita, speranza, e calore. Un'immensa e inspiegabile felicità che vuole raccontare come, meglio gli riesce, con la sua arte. Dipinge questa tela pensando al nipotino appena nato, un dono nuovo, un principio.

Ebbene la Juventus d’oggi, quella intravista nel secondo tempo contro il Verona, semmai riveduta e corretta, potrebbe essere finalmente nuova e mandorlata, primaverile e solare, sospinta verso mete che le competono. Contro l’eroina greca Atalanta, la Vecchia Signora si dovrà impegnare a scrivere un incipit per un sorprendente e stravagante romanzo di primavera. Del resto, nel mese “pazzerello” inizia la più balzana delle stagioni, che fa da sfondo a numerosi, e forse bislacchi, romanzi: «All’ombra del caldo tramonto primaverile» cominciano Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov e Il Ritratto dell’artista da cucciolo di Dylan Thomas, parodia di un’opera joyciana; tecnicamente, poi, è ancora primavera quando Leopold Bloom zigzaga per Dublino come un Ulisse qualsiasi. Non meno spaesato è il Marcovaldo di Calvino, perso nei primi giorni di caldo, di «fumo, vento e bolle di sapone», mentre per Faulkner questa è una «stagione pretenziosa, dolce e sgargiante come una commessa col suo vestito da poco prezzo, come un idiota con quattrini e senza gusto». Più naif Virginia Woolf, che nelle Onde scrive: «L’alba è una specie di sbiancare del cielo; una specie di rinnovamento. Un altro giorno; un altro venerdì; un altro venti di marzo, di gennaio, o di settembre. Un altro risveglio generale… Sì, questo è l’eterno rinnovamento, l’incessante sorgere e ricadere, e cadere e risorgere».

Il paesaggio della disfida odierna sarà quello notturno. Van Gogh pensava spesso che la notte era più viva e riccamente colorata del giorno; per il nostro Vincent, le stelle, il cielo dal blu profondo, erano fonte intima d’ispirazione. Guardare le stelle mi fa sempre sognare, scrisse al fratello. E noi vogliamo sognare guardando lontano lontano ad un tricolore scudettato, che altro non è che un frammento policromo di stelle.

Roberto De Frede