Il violinista capitano che alzò la Coppa dei Campioni

Il violinista capitano che alzò la Coppa dei CampioniTUTTOmercatoWEB.com
© foto di Gianfranco Irlanda
domenica 8 gennaio 2023, 21:37Editoriale
di Roberto De Frede
“L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo” (Giovanni Falcone)

Dopo settimane in cui gli editoriali sul mondiale e quelli benauguranti hanno tenuto banco, auspicavo oggi a scriverne uno finalmente sul campionato di calcio nostrano e sulla continua rinnovata rinascenza della Juventus, ancora vittoriosa in quel di Cremona (già…) e ieri sera contro l’Udinese in uno stadio coreograficamente da brividi: otto successi consecutivi, un Allegri condottiero e un vero gruppo granitico in attesa del D-day, quel venerdi 13 gennaio, data dello sbarco dell’armata bianconera nel golfo di Napoli.

Purtroppo la commozione, i ricordi e il cuore hanno toccato la mia penna affinché scrivessi di un grande Amico del calcio e di noi tutti, di un campione esemplare, senza smettere per un istante di ringraziarlo, ascoltando quale reciproca dedica "You've got a Friend" interpretata da James Taylor e Carole King.

L'Epifania tutte le feste le porta via. Proverbio mai più vero come quest’anno che proprio il 6 gennaio ci ha privato di un uomo, coraggioso in campo quanto nella vita, ricco di un forziere colmo di sorrisi e speranze da donare a tutti: Gianluca Vialli, una festa, una gioia per noi che lo abbiamo amato. L'uomo coraggioso non è colui che non prova paura, ma colui che sconfigge questa paura. Coraggio non vuol dire avere la forza di andare avanti, ma di andare avanti anche quando non si ha nessuna forza. Il coraggio non è l'assenza di paura, ma piuttosto il giudizio che c'è qualcos'altro più importante della paura: l’amore per la vita, per la famiglia, per gli amici, per il calcio e per il prossimo sconosciuto. Per tutto questo il coraggio di Vialli era simile a quello di un guerriero che lotta per altissimi ideali cercando a tutti i costi di sopravvivere per guardarli infine trionfare. "StradiVialli". Sì così fu appellato da Gianni Brera probabilmente, per assonanza, riferendosi al famoso liutaio cremonese Antonio Stradivari, concittadino del campione. Ebbene in quel soprannome si scorge anche un prefisso, intonato come non mai, quello “stra” che dal latino “extra” esprime l’andare oltre, e che nel nostro caso indica l’essere straordinario di Gianluca Vialli.

Dopo Paolo Rossi, Luca è stato il mio centravanti, il nostro per antonomasia, quello dei ragazzi che a cavallo degli anni ottanta e novanta si emozionavano, a prescindere dalla fede calcistica, ammirando le imprese su tutti i campi di calcio di quel ragazzino riccioluto, dalle rovesciate pazzesche, dagli occhi del colore dell’infinito e dal sorriso onesto e perbene, che faceva intravedere quello spazio tra i denti anteriori, requisito secondo antiche leggende di genialità, bontà e fortuna.

Un liutaio, fabbricando uno strumento, permette la nascita dei più bei suoni d’ambrosia e d’oro che l’orecchio umano possa intendere. Vialli è stato di più: artigiano, violinista e violino stesso. Quei meravigliosi legni possono prestarsi a una folla di sfumature in apparenza inconciliabili, proprio come l’ultimo capitano della Juventus che alzò al cielo di Roma, d’Europa, la Coppa dei Campioni. Vialli aveva la forza, la leggerezza, la grazia, l’accento triste e gioioso, il sogno e la passione; era servitore fedele della maglia e dei tifosi, intelligente, altruista, attivo e infaticabile. Era la vera voce dell’orchestra, voce passionale e casta allo stesso tempo, straziante e dolce, che piange e grida e si lamenta, o canta e prega e sogna, o esplode in accenti di gioia, come nessuno altro avrebbe potuto e saputo fare.

Il violinista ascolta il legno, il suo strumento divenuto indivisibile amante, per capire cosa sia successo nel suo passato. Se l’acero o l’abete rosso che il liutaio ha scelto è stato abbattuto in un gelido inverno, le note avranno qualcosa della purezza, del candore e dell’enigma dei cristalli di neve. Se l’albero ha invece ospitato sotto le sue foglie una coppia di innamorati o ragazzini che giocavano a pallone, il suono sarà più intenso e vibrante, mieloso e caldo. Il violinista conosce il romanzo del suo strumento, ma non lo racconta a nessuno, egoisticamente lo lascia appena intuire. Gianluca Vialli invece il suo meraviglioso romanzo lo ha scritto per noi donandocelo con amore, non solo in campo vincendo tutto e realizzando reti fantastiche, acrobatiche e inimmaginabili, ma soprattutto nella vita sino all’ultima pagina: ci ha insegnato che il vero coraggio, non è rappresentato da un uomo col fucile in mano, bensì dal sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda.

È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede. La vittoria, scrisse Marcel Proust, è di chi sa soffrire un quarto d’ora in più: caro Gianluca ora sai che hai vinto anche l’ultima battaglia. I violini imitano il dolce e soave rumore del vento, ora Gianluca sei Tu quel vento che vibra per sempre tra le corde di tutti i nostri cuori.

Buon viaggio CAPITANO!