Idee chiare, serenità, pugno duro e sconti a nessuno: la ricetta che sta ricostruendo l'identità della Juventus
Lo confesso: quattro mesi fa ero abbastanza preoccupato, nonostante io mi sforzi di essere sempre ottimista. Anzi, non ero preoccupato soltanto io ma eravamo in tanti ad esserlo. La Juventus sembrava ancora un cantiere totalmente aperto, ma la cosa più preoccupante erano le correnti di pensiero all'interno del club che sembravano andare in direzioni diverse. Io e i colleghi con cui lavoro ci dicemmo: "ci vorrà molto più tempo del previsto per rivedere la vera Juventus".
E invece, un po' come per magia, tutto sembra essersi sistemato in poco tempo. E non sto parlando del campo, ovviamente, quello sarà soltanto la cartina di tornasole dell'alchimia generale; parlo di unità d'intenti, ruoli ben definiti, armonia di lavoro, progettualità e obiettivi centrati. L'ultimo in ordine di tempo è il main sponsor: quando tutto sembrava sfumato, con l'unica consolazione di una maglia più bella senza lo sponsor in petto, ecco che trapela l'indiscrezione di un accordo raggiunto con un marchio statunitense coperto da assoluto segreto. Altra bella notizia. Prima trapelava la qualsiasi e invece ora, davanti ad un grande obiettivo centrato che sembrava ormai sfumato, le bocche sono tutte chiuse. Tra tre settimane se ne saprà di più. E quello che sembrava il fallimento di Francesco Calvo diventa la sua vittoria. Anzi, doppia. Si, perché nel frattempo c'è la grande corsa ad accaparrarsi la maglietta senza sponsor prima di tornare allo store e acquistare quella griffata. Da problema, come dico sempre, si è passati ad opportunità.
L'altro grande indizio è la serenità che si respira nel ritiro di Herzogenaurach, lavorando nel meraviglioso e attrezzatissimo complesso sportivo World of Sports dell’Adidas, la squadra suda e non si lamenta e nei pochi momenti di libertà, dirigenti, giocatori e staff si concedono ad amichevoli chiacchierate con i giornalisti al seguito. Non è più un "me contro di te" ma un "avanti insieme" nel rispetto reciproco dei ruoli ma con tanto di sorrisi e pacche sulla spalla. Così è più facile lavorare e comunicare, così è più forte il messaggio. Pensateci: trapela più forza da un quartier generale austero e in guerra contro tutti o da un quartier generale che, tra una pausa e l'altra, esce a sorriderti e strizzarti l'occhio?
E in ultimo, ma non per ultimo, il pugno di ferro di Giuntoli (e quindi della società) verso club acquirenti e dissidenti vari. La Roma vuole Soulé? Bene, ma lo si cede soltanto alle condizioni imposte dal direttore tecnico. Il club giallorosso si avvicina all'offerta? Ottimo, ultimo sforzo allora. Si spazientisce e si dice forte dell'accordo con il giocatore? Figuriamoci, la Juventus ce l'ha addirittura alle proprie dipendenze il giocatore, anzi, non è un caso che l'argentino sia in ritiro in Germania e non in stand by alla Continassa. Se resta alla Juve fa piacere, se arriva l'offerta giusta e parte, alla Juve fa piacere così può andare a prendersi Koopmeiners. Comunque la si guardi: vince la Juve in questa storia. Chi si sta perdendo, invece, la Juve è Federico Chiesa. Con la testa troppo impegnata tra Europeo e matrimonio, si è letteralmente fatto sfuggire il mantra di Giuntoli "il noi" deve prevalere sull' "io". Ecco la Juventus ha lasciato a Chiesa tutto lo spazio che voleva, ma quello spazio diventa distanza che aumenta con la squadra, il nuovo allenatore e soprattutto la società. Il mio consiglio è lo stesso di una settimana fa nel mio editoriale "avvelenato": si cerchi una nuova squadra in fretta, vivere da separati in casa alle dipendenze di Giuntoli può essere molto pesante...
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