Fate chiarezza, a costo di fermare il calcio

Fate chiarezza, a costo di fermare il calcioTUTTOmercatoWEB.com
giovedì 30 maggio 2024, 18:24Editoriale
di Mirko Nicolino
Lo spettro di campionati falsati da questioni finanziarie si affaccia sulla Serie A: questo è il momento di andare fino in fondo

Il calcio italiano è a un punto di non ritorno, secondo il mio modesto avviso. Il rischio che una delle principali industri del Paese sia investita da un nuovo scandalo è dietro l’angolo e la guerra politica cui stiamo assistendo in questi giorni non depone a favore di nessuna delle parti in causa. C’è una linea sottile tra un campionato credibile e un calcio che invece continua a perdere audience (-1,9 milioni di telespettatori rispetto alla stagione precedente) e interesse da parte degli investitori stranieri.

Nei giorni scorsi si è dimessa in blocco la Covisoc, organi sulla carta indipendente, ma politicamente legato a chi guida la Figc. Per carità, è sempre stato così, quindi non è che ci si sveglia tutti ora. Nei prossimi giorni (in attesa delle nuove elezioni per il rinnovamento della guida) l’organo sarà commissariato e secondo alcune voci provenienti da fonti governative, la stessa Federcalcio potrebbe finire sotto un commissario. È la resa dei conti di uno scontro che nei mesi passati è stato fuoco sotto cenere e che ha fatto male in egual misura delle storture cui siamo stati costretti ad assistere in questi anni.

Tante cose, purtroppo non tornano e c’è il rischio che qualcuno tra qualche anno ci racconti qualche altra verità come quella di Massimo Cellino. Ricordate il servizio di Report? Il dirigente calcistico ha rivelato che ai tempi in cui era in Lega Calcio, bruciò con il cherosene i documenti relativi ad alcuni club che non avevano i requisiti finanziari per iscriversi ai campionati. E inevitabilmente la domanda se la stanno ponendo in tanti in questi giorni: siamo sicuri che tutti rispettino i requisiti per la partecipazione legale a questa Serie A?

Nella storia recente abbiamo visto di tutto, come proprietari orientali che dopo aver speso 534 milioni hanno preferito perdere tutto piuttosto che versare i rimenanti 32 milioni e prendersi definitivamente una squadra. Nelle ultime settimane, grazie anche alla Fondazione JDentità Bianconera e alla caparbietà del ministro dello Sport Abodi, invece, è finita sotto i riflettori un’altra questione spinosa relativa a un’altra società top. Si parla di società garanti che in realtà non avrebbero avuto i requisiti per esserlo, ma anche di società che dopo aver comprato delle quote, improvvisamente siano uscite senza colpo ferire.

Fino a qualche mese fa, le situazioni contabili erano rimaste praticamente sempre fuori dalle questioni di campo, ma ad un certo punto si è deciso di farle rimbalzare sul rettangolo di gioco con le accuse alla Juventus. Non a caso parlo di accuse, poiché si tratta solo degli incartamenti dei PM di Torino (poi dichiarati incompetenti e il processo a Roma non è ancora iniziato) che senza alcuna sentenza passata in giudicato hanno estromesso la Juve dalla Champions League con una penalizzazione in punti e un danno economico e di immagine immane. In sostanza, nonostante gli aumenti di capitale e le cessioni di calciatori importanti, la società bianconera è stata accusata di aver violato la “lealtà sportiva”, l’ormai celeberrimo articolo 4, poiché avrebbe alterato il suo fatturato del 3-4% circa, permettendosi calciatori che altrimenti non avrebbe acquistato.

Una storia che oggi possiamo bollare letteralmente come ridicola, visto che negli anni abbiamo assistito a club che hanno generato plusvalenze fino al 90% del proprio fatturato, senza che le situazioni di campo fossero intaccate. Oggi assistiamo a società che hanno patrimonio netto negativo per centinaia e centinaia di milioni di euro (significa che nemmeno cedendo tutti i loro averi potrebbero eventualmente far fronte ai creditori), centinaia e centinaia di milioni di euro di debiti e sono rimaste a galla grazie a prestiti di prestiti, bond e operazioni finanziarie tramite scatole cinesi. Si tratta di pratiche che spesso coinvolgono società in paradisi fiscali e che non rappresentano una novità assoluta nel Bel Paese, ma se 30 milioni alterano una competizione, 400-500 milioni cosa fanno? Chi scrive è garantista fino al midollo, con tutto e tutti, ma arriva un momento in cui bisogna andare a fondo delle questioni.

In Inghilterra hanno fermato il calcio fino a quando non hanno risolto il problema Hooligans, perdendo vagonate di soldi da una delle principali industrie del Paese. Da lì, però, è rinato un movimento che oggi guarda tutti dall’alto verso il basso e che è il modello imitato da tutti gli altri. Siamo in grado di fare finalmente pulizia anche a costo di fermare l’industria calcio italiano? Noi che manteniamo il “giocattolo” vogliamo sapere se fin qui la competizione si è giocata con le stesse regole valide per tutti. E se poi alla fine non risulterà nulla di strano lo accetteremo, ma deve essere fatto lo stesso lavoro certosino cui abbiamo assistito solo quando gli obiettivi erano determinati club o personaggi. Se il calcio italiano vuole davvero rinascere, deve andare fino in fondo a questa storia, dirci se qualcuno ha chiuso uno o entrambi gli occhi, perché lo a ha fatto, chi c’è eventualmente dietro. Solo una volta che sarà fatta davvero chiarezza potremo pensare di attrarre gli investitori stranieri quelli veri, quelli che hanno i soldi e non se li fanno prestare per poi non restituirli e scappare in giro per il globo.