Eccolo!!! L’uomo della svolta

Eccolo!!! L’uomo della svoltaTUTTOmercatoWEB.com
domenica 1 settembre 2024, 21:10Editoriale
di Roberto De Frede
Una nobile fierezza si addice alle persone che hanno grandi talenti. (Montesquieu)

Ci sono momenti in cui la storia - ad esempio quella della musica ma la riflessione vale per tutte le “storie” - sembra spiccare un salto in avanti, grazie a idee plasmate con rinnovata energia, vere e proprie rivoluzioni di uomini nuovi. Alcuni di questi momenti saranno poi visti come cambiamenti epocali: l'invenzione della notazione musicale, nell'XI secolo; la nascita della polifonia, l'invenzione dell'opera nella Firenze del Seicento, l'irruzione sulla scena di geni come Bach o Beethoven, o l'arrivo del jazz nella Parigi degli anni Trenta. Altri sono momenti di grandi polemiche e discussioni, come quando Arnold Schoenberg e i suoi allievi decisero di cancellare la distinzione fra "consonanza" e "dissonanza", o quando John Cage decise che a dar forma alla sua musica sarebbe stata la casualità del lancio di una moneta. Tutti questi momenti di cambiamento hanno aperto strade verso destinazioni nuove e spesso impreviste, e hanno arricchito il patrimonio della cultura musicale di capolavori straordinari.

Non c’è dubbio: un ciclo nuovo alla Juventus è cominciato, rivoluzionario nelle idee di uomini che faranno svoltare nella strada vincente i bianconeri in Italia e in Europa, arricchendo quella bacheca che merita nuove mensole ben salde per sostenere il peso dei trofei. 

Thiago Motta, il suo volto pulito da ragazzo perbene ha riportato qualità fondamentali di cui la Juventus si è sempre fregiata, trasfondendole ai suoi ragazzi in campo. Una di esse è la fierezza, che è altra cosa dall’arroganza. Il vocabolario c’informa che fierezza significa sentimento di dignità e di giusto orgoglio; e se è vero che fiero deriva dal latino ferox, ossia feroce, spietato, sta però di fatto che nella lingua di Roma antica un significato non secondario era anche quello di indomito, che toglie alla parola la connotazione belluina (da cui fiera, nel senso di belva) e le attribuisce invece quella, decisamente positiva, legata all’idea di una incrollabile forza d’animo.

I botanici e gli amanti dei giardini sanno che la pianta dai bei fiori rossi chiamata Amaryllis, dal verbo greco ἀμαρύσσω (amarysso) che significa risplendere, originaria dell’Africa meridionale, simboleggia la fierezza e l’eleganza, e anche la timidezza, proprio quella che fanciullescamente e nobilmente traspare sul viso del nuovo mister durante le conferenze stampa al cospetto dei signori giornalisti. Qualcuno si chiederà che cosa c’entri la timidezza con la fierezza. L’una cosa non esclude l’altra: la bellezza dell’Amaryllis, ad esempio, è una bellezza timida, non disgiunta da fierezza e splendente eleganza; così, passando dal linguaggio dei fiori all’uomo, una persona può benissimo essere fiera e, al tempo stesso, un po’ timida, dato che la timidezza non è sinonimo di pochezza o di viltà ma spesso di animo retto, profondo e sensibile. Il sentimento della fierezza nasce dalla consapevolezza di una fedeltà ai propri ideali e ai propri valori, magari in mezzo a una giungla di furbi, di opportunisti, di voltagabbana.

Il giovane allenatore nato nella patria del fútbol bailado già possiede quello stile Juve, “intraducibile” in qualsiasi altra squadra del mondo, perché unico. Il suo sguardo fiero è limpido: può talvolta tenere abbassato per timidezza, ma sempre procedendo a testa alta, consapevole di non essere mai venuto meno a ciò che considera essenziale, a ciò che costituisce la sua stella polare, anche a costo di dispiacere agli altri. La fierezza brilla nello sguardo di una persona fedele e leale conferendole un’aura magnetica. Valore imprescindibile per un uomo e per un allenatore vincente. Davanti a una persona fiera ci si sente istintivamente “piccoli”, perché si intuiscono in lei quella forza, quella tenacia, quella saldezza morale, quella assoluta incapacità di compromessi, che molti vorrebbero possedere, ma non hanno. Nello sport credo nulla sia più importante.

C’è una scena nel film del 1965 diretto da David Lean Il dottor Živago, tratto dal romanzo di Boris Pasternak, in cui il protagonista, rievocando con Lara Antipova la prima volta in cui vide la ragazza, in quel locale elegante di Pietroburgo ove ella aveva sparato al suo seduttore, il cinico Victor Komarovskij, le dice: «Ci hai fatti sentire tutti molto piccoli». Lara, a quell’epoca, era soltanto una giovane infermiera inesperta della vita e tutto intorno a lei c’era il bel mondo della capitale russa, ricchi borghesi e aristocratici abituati a mille scaltrezze, astuzie e raggiri: eppure tutti loro si erano sentiti istintivamente piccoli; tutti avevano sentito che non avrebbero mai avuto il suo coraggio, la sua fermezza. Il suo sguardo aveva una forza, una decisione, una coerenza, che quasi facevano abbassare gli occhi a quei gaudenti spensierati. E la situazione umana qui rappresentata è eloquente in se stessa, perché esemplare: la protesta d’una coscienza retta contro il cinismo del mondo adulto e “navigato”. Sì, perché la persona fiera è anche, secondo il modo di pensare corrente ma non condiviso da me, un po’ ingenua: crede ancora nella coerenza e nella lealtà, dunque è “fuori moda”. Magari ce ne fossero di più, di persone fatte così; di cinici e di troppo furbi in campo e fuori, nelle aule e nei grattacieli, nel paese di Machiavelli e degli intellettuali cortigiani, ne abbiamo fin troppi: potremmo metterli in vendita a un tanto il chilo, mentre di persone fiere ne abbiamo maledettamente poche. Una di certo è sulla panchina della Juventus.

Thiago, nome dall’altissimo significato di seguace di Dio, è una persona fiera che fa bene al mondo del calcio. Intanto i tifosi bianconeri non possono che ammirarlo per il suo modo di far giocare a calcio, una poesia che lascia inebriati, increduli e felici, proprio come dinanzi ad un componimento poetico che ti fa spalancare gli occhi e volare dove non saresti mai arrivato nella realtà.

Per ora, aspettando stasera i lupetti giallorossi, preferisco non aggiungere altro. Sono persuaso che la poesia, quando c’è – e qui non mi par dubbio che ci sia – meriti di essere considerata almeno per un momento per quello che è, per lo strano gioco di cui consiste, per il primordiale dono di illusione, di verità e di musica che vuol darci anzitutto. Ci si esalti pure da capo a fondo, guardando la bella Juventus, con l’abbandono che pretende per sé la vera poesia. Frattanto, dal canto suo, il più vasto pubblico dei tifosi avrà avuto il tempo, con queste due poetiche vittorie iniziali, di innamorarsi ingenuamente e di più dell’ennesima nuova sempiterna Juventus, proprio come si usava una volta.

Roberto De Frede