C'era una volta la " Gente della Juve". Oggi di quella Juve non è rimasto niente, in tutti i settori!

No, non sono i risultati o i trofei che mancano, o meglio, non solo quelli. Manca il senso di appartenenza, l’identità, la mentalità, la consapevolezza di essere in un club diverso dagli altri, di essere alla Juventus, che per fortuna non ha eguali. Per questo il tifoso si sente disorientato e smarrito: ecco perché il tifoso si è commosso e rivisto nelle parole d’addio di Danilo, sia chiaro non il capitano dei capitani, ma un capitano che ha ricordato a tutti quelli che sono presenti oggi dentro e fuori lo spogliatoio, cosa vuol dire essere gente della Juve.
Fatevi un esame di coscienza, voi che avete l’onere ma soprattutto l’onore di indossare e rappresentare quella maglia e quello storico club. Qui le battaglie "ad personam" non servono, le ripicche, il senso di onnipotenza, da qualsiasi parte arrivi, non può e non deve essere accettato. C’è un capo tecnico, ovvio, che decide sulla sua pelle, ma che non può arrogarsi il diritto di diventare un uomo solo al comando. Non sarebbe stato concesso ( forse erano altri tempi) ad allenatori ben più vincenti e con un curriculum diverso, non può essere concesso ora. Motta è persona intelligente e che personalmente stimo, ma deve capire che continuando di questo passo il rischio è quello di andare tutti, contro un muro. Dividere lo spogliatoio, carezzare i soliti noti usando invece il bastone per gli altri, non provare a cambiare qualcosa dal punto di vista tattico, non può essere la via maestra.
Tenere la porta dello spogliatoio chiuso a chi magari potrebbe dare una mano, non sul campo, ma su cosa vuol dire “ essere gente della Juve ” è un errore, che sa di supponenza, che non serve a nessuno, tanto meno a chi è arrivato da poco in un mondo affascinante ma allo stesso tempo difficile e complicato. Non mancano solo i risultati, che al primo anno di una rivoluzione possono anche non arrivare, ma manca molto più , la mentalità, la voglia di combattere, di essere “ gente della Juve che si riconosce ovunque”. Ma oggi chi ha questo nel proprio Dna? Nessuno, o pochi, e gli ultimi che lo avevano sono stati allontanati.
Chiaro, ci sarebbe magari il rischio di mandare messaggi di confusione, ma qui la confusione sembra regnare ugualmente, tra eleganti ma tremende frecciate, come quelle del messaggio di addio di Danilo, a giocatori che entrano ed escono dal progetto come fossero porte girevoli. Fino a qualche settimana fa Motta era stato semplice ma efficace nella comunicazione, che nelle ultime ore invece sembra sfuggita di mano, dalle dichiarazioni post partita di Napoli, oggettivamente non da Juventus, fino ai continui botta e riposta con i giornalisti.
Siamo preoccupati? Si, anche perché non vediamo chi oggi possa trasmettere quel messaggio che manca, quello spirito che latita, quella rabbia che nel secondo tempo di Napoli, con una squadra che sembrava l’ombra di se stessa, ci ha sinceramente lasciato basiti, attoniti e pieni di malinconia , verso chi invece dall’altra parte metteva l’anima in campo anche se per gli ultimi minuti e a risultato acquisito. Ci interessa poco di quel personaggio che ha esultato in faccia alla “ sua “ Juve senza un minimo di rispetto, ma dobbiamo ammettere che la partita l’ha vinta lui in quei 15 minuti dell’intervallo, dove da una parte sono tremati i muri, dall’altra parte, forse, si è fatta pura filosofia.
Per favore ridateci la Juve, i risultati possono aspettare, la dignità, la juventinità nello spirito di chi indossa la maglia, il senso di appartenenza no! Ridateci la Juve che conosciamo oppure qualcuno si assuma le responsabilità e faccia un passo di lato!

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