Montero a Sportitalia: “Lo spogliatoio della Juve mi ha insegnato l’umiltà”

Montero a Sportitalia: “Lo spogliatoio della Juve mi ha insegnato l’umiltà”TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Uff. Stampa Sambenedettese
venerdì 24 marzo 2023, 22:17Altre notizie
di Claudia Santarelli

Paolo Montero ha rilasciato un'intervista ai microfoni di Sportitalia: 

3 settembre 1971, Montevideo

"Sono nato a Montevideo in realtà il 2 e non il 3 come risulta, ma mio padre tornava da una tournée con la squadra e mia madre decise di aspettarlo per registrare la mia nascita".

Che bambino era Paolo Montero?

Ero un bambino tranquillo, come tutti in sudamerica giocavo per strada a calcio, basket e altro. Ora purtroppo è cambiato molto e i bambini giocano meno in strada perché è molto più pericoloso, noi siamo stati dei privilegiati in quel senso lì".

Tuo papà era difensore

"Mio padre ha giocato tanti anni, ha fatto due Mondiali, ha vinto la Libertadores, ha vinto tutto in Sud America. Io ho sempre seguito tanto il calcio. Anche adesso a casa mia si segue tanto, in tv è solo calcio, solo per la bambina c'è un'altra tv così può vedere i cartoni". 

Poi hai deciso di arrivare in Italia

​​​"Si io ho avuto Menotti come allenatore nel Penarol e mi ha fatto conoscere i dirigenti dell'Atalanta che erano suoi amici. Sono venuti a vedermi in Uruguay. Abbiamo fatto una tournèe a Cagliari e li hanno deciso di comprarmi nel 1992 e sono arrivato in Italia. All'epoca non esisteva il passaporto comunitario e non era facile. Ero molto giovane ed era difficile trovare un centrale così giovane e ho avuto la fortuna di trovare nel mio cammino di incontrare Lippi che mi ha voluto alla Juve. Per arrivare ci vuole sempre una mano". 

Cosa ricordi degli anni all'Atalanta? 

"Legami molto con la famiglia Ilai e quella Besana sono stati eccezzionali con noi, io arrivai solo con mia mamma, poi sono arrivati mio papà e i miei fratelli. Mio papà gli insegno a fare la grigliata e tutti i weekend mangiavamo con loro".

Il primo aspetto che ricordi dei tuoi anni alla Juventus?

"Il primo aspetto è che quando sono arrivato a Torino mi ha sorpreso l'organizzazione che c'era nella squadra. I compagni mi hanno accolto benissimo. Lippi mi ha messo a dormire con Ferrara. Loro avevano vinto la Champions e loro erano umili, l'umiltà dei campioni che ti insegnano il cammino di come ci si deve comportare a certi livelli per mantenersi negli anni". 

Tu in quella Juventus hai giocato con grandi campioni

"Sono stato fortunato. In quel periodo li, l'Italia era il top. I più forti erano qua e la domenica era bellissimo perché giocavi sempre contro fuoriclasse e quello me lo ricordo sempre perché è stato uno dei periodi più belli". 

Ti dà fastidio quello che dicevano di te quando giocavi?

"No perché io ho interpretato così il calcio. Non mi dà fastidio. È vero che tante espulsioni non le meritavo, ma altre si le meritavo. Io sono così anche nella vita, sono passionale e cerco di dare il massimo in quello che faccio".

​​​Il trofeo che ti è rimasto nel cuore? 

"No io sempre dico che il rammarico è aver perso le finali di Champions. Però sono stato un privilegiato e lo sono ancora". 

Mi racconti la settimana di Manchester? 

"Il prima la vivevo normale ma dopo che ho saputo che il mister mi voleva far giocare terzino gli avevo detto di no. Secondo me Birindelli nell' semifinale era stato uno di migliori, aveva marcato Figo. E io gli ho detto con sincerità che era meglio se giocava Birindelli ma alla fine ha insistito e ho giocato li. Ho giocato malissimo i primi 20 minuti su Shevchenko. Dopo sono rimasto a Torino dopo il rigore sbagliato e i due o tre giorni dopo sono stati giorni della vergogna perché quando perdo non vado nemmeno al supermercato perché mi vergogno. Allora sono stati tre giorni bruttissimi". 

Un compagno al quale sei più legato? 

"Mark Iuliano. Gli scapoli di turno. Stavamo sempre insieme, passavo quasi tutto il giorno a casa sua".

Sul ruolo del difensore

"Oggi per giocare centrale se non pensi come un mediano non riesci, oggi il difensore deve anticipare, e deve giocare propositivo, in avanti, come si dice spaccare le linee, se non giochi così oggi fai fatica a grandi livelli".

Sulla decisione di fare l'allenatore.

"Ho inziato a viaggiare per fare il procuratore, ma non mi è mai piaciuto, un giorno ho deciso di cambiare e mi sono iscritto in Uruguay al corso, ho iniziato lì poi dopo che mi sono trasferito in Italia mi sono iscritto al corso di Coverciano e adesso mi trovo qua. Ho lasciato il mio paese 17 anni fa e sono sempre venuto a Torino perché la città mi fa impazzire".

Su cosa gli piace dell'Italia

"Siamo uguali, la gente di Torino mi ricorda tanto Montevideo perché ti lascia tranquillo, puoi girare senza disturbo, ovvio non sono Del Piero o Zidane, magari Ale non può camminare per Via Roma. Io mi fermo al Bar, mangio fuori, e amo Torino, amo la città".

Su Del Piero e Zidane.

"Sono stati, soprattutto come dico ai miei figli, più grandi come uomini che come calciatori, loro come Peruzzi sono un esempio, mi hanno insegnato l'umiltà, si meritano tutto quello che hanno ottenuto".

Sull'esperienza da allenatore in C alla Sambenedettese?

"Mentre stavo facendo il corso a Coverciano potevo allenare solo in C, mi ha chiamato il direttore Fusco se volevo andare a San Benedetto, io all'Atalanta avevo giocato con Vecchiola, e lui mi aveva sempre parlato bene dell'ambiente.Purtroppo dopo un mese che la mia famiglia mi aveva raggiunto è arrivata la pandemia, e allora loro sono tornati in Uruguay. E' stata una bella esperienza, che mi ha fatto maturare. Poi ho finito il corso. Alla Sambenedettese sono stato benissimo".

Su Pessotto?

"Io con Pessotto mi sono sempre sentito, con lui abbiamo un rapporto di fratellanza, immagino che abbia messo una buona parola per la scelta della Juventus di puntare su di me".

Sulla Juve U19?

"Il campionato è molto simile alla C, molto competitivo, ci sono allenatori molto preparati, io continuo a fare esperienza, sono contento di essere tornato alla Juve. Il mio lavoro è di far crescere i ragazzi per la Next Gen e per la prima squadra. Ci sono dei giocatori con dei valori importanti, qualcuno infatti già è in C". 

Sulla sua filosofia di calcio?

"La mia esperienza da calciatore aiuta, soprattutto nel rapporto con i giocatori, io credo tanto nel rapporto, nella chimica. Aver giocato mi permette di spiegare meglio certe dinamiche, durante le partite. Agli attaccanti magari non so spiegare che movimento devono fare non essendo stato punta, ma posso fargli capire che difficoltà può avere il difensore. Per me è importante che siano i giocatori a scegliere cosa fare in campo, sono loro che si devono esprimersi, io cerca di lavorare per loro, noi siamo qua per la Juventus e soprattutto per i giocatori". 

Sul senso d'appartenenza?

"Io ce l'ho ed è quello che bisogna trasmettere, è fondamentale. Io allo staff dico che a Vinovo sono felicissimo, mi sento un privilegiato ad essere alla Juventus. Ogni giorno sono grato di essere qua".

Su i suoi giocatori fortunati ad averlo?

"Non lo so, pensa che la maggior parte ha l'età dei miei figli, non mi hanno mai visto giocare". 

Sulla stagione.

"È stato fin ora un anno buono, escluse le ultime due gare, il derby e la Sampdoria. Siamo in linea con gli obiettivi, alcuni hanno già fatto il salto in Under23, e altri sono vicini".

Sui tifosi del Toro?

"Con loro non ho mai avuto problemi, sono amico con Steve e Tati, ex capi ultrà del Toro, sono il padrino del figlio di Steve. Con loro ho sempre avuto un ottimo rapporto, io non voglio che i tifosi della Juve mi vogliano bene perché parlo male della tifoseria o della squadra del Toro. A me loro non hanno mai fatto niente. Ovvio che quando giocavo il derby volevo vincere, prima come ora da allenatore. Io voglio che mi vogliano bene perché sono un buon giocatore, un buon allenatore".

Su Tacchinardi.

"È un grande, io l'ho conosciuto a Bergamo che era un bambino, l'anno dopo l'ha comprato la Juve. Lui era fortissimo. In quel periodo li i tuoi compagni diventano la tua famiglia. Il gruppo diventa sacro". 

Su un ricordo particolare di quegli anni. 

"A livello di gruppo? Una volta ogni 15 giorni andavamo a mangiare insieme, tutti arrivavamo due ore prima per stare tra di noi. Quando andavo via dall'allenamento non vedevo l'ora fosse il giorno dopo per rivedere i miei compagni". 

Mister si nasce o si diventa?

"Per me allenatore si può diventare, calciatore si nasce. Allenatore si può diventare, poi non saremo tutti Lippi, Guardiola, Klopp, Ancelotti, però si può diventare".

Sul modulo?

"Noi giochiamo 4-4-2, noi in fase offensiva cerchiamo di portare gli esterni sulla linea degli attaccanti. Tante squadre ci aspettano, per questo noi cerchiamo sempre di fare 1 vs 1 e creare superiorità". 

Su Mancini e Yildiz?

"Il loro futuro è nelle loro mani, dipenderà solo da loro"