Lippi: ''La Juve è antipatica perché ha vinto tanto, e io dico che è proprio bello esserlo''

L'ex allenatore della Juventus Marcello Lippi, intervistato da La Repubblica, ha affrontato varie tematiche relative al suo legame con Madama, l'attuale corsa allo scudetto ed inevitabilmente, anche la ''balorda nostalgia'' legata alla Nazionale Italiana.
''Legame con la Juve? La storia, e la competenza delle persone che se ne occupano. La diversità la noti davvero soltanto quando ci sei dentro. Poi, certo, la Juventus non è solo la squadra più amata, è anche la più detestata, è antipatica perché ha vinto tanto. E allora io dico che è proprio bello essere antipatici. Spengo la tivù solo se una delle due squadre non può più essere raggiunta. Gli allenatori mi sembrano più preparati rispetto alla mia generazione, e c’è anche un maggiore equilibrio, sono sparite le squadre materasso. Lo scudetto? Non mi stupirei se tornasse in gioco pure la Juve. Giocatore più forte mai allenato? Ne ho allenati tanti, e tanti magnifici. Baggio è stato uno dei più grandi della storia. Il più grande? Mmmm, come faccio? Se dico Del Piero non posso non pensare a Zidane, se dico Zidane non posso non pensare a Del Piero… E poi Vialli che mi manca tanto: generoso, ironico, intelligentissimo, un fuoriclasse e un mattacchione. Ma anche Conte, che era il mio punto di riferimento. E Pirlo, Nedved, Totti, Gattuso, Gigi… E Roberto Baggio, certamente: uno dei più grandi della storia. Tra quelli che non ho allenato direi Maradona, Messi e Van Basten. Anche se quello immenso, visto solo in televisione, è stato Pelé. Spero che queste nuove generazioni si facciano un giro su YouTube, ogni tanto, per guardare le partite del nostro Mondiale. Avere reso felice tanta gente è la massima soddisfazione della mia carriera. Allenare gli azzurri è un po’ come fare il Presidente della Repubblica: sei di tutti. E io so che non ci dimenticheranno mai. Nostalgia? Ho smesso ormai da cinque anni, e la panchina sinceramente non mi manca. Sul mondiale 1982 ti dico che guardavo e imparavo. Quella squadra così aggressiva e perfetta è stato uno dei miei modelli assoluti”.
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