Una vittoria di sostanza che nasconde ancora troppi problemi
Partiamo con l'apprezzare (senza salti di gioia) il ritorno alla vittoria dopo quattro partite e un digiuno troppo lungo per chi, fino ad un mese prima, sembrava potersi non accontentare del ruolo di inseguitrice, a prescindere dall'obiettivo “minimo” prefissato. Il tema allenatore lasciamolo per un istante da parte. «Tanto la Juventus che vinca 3-2 o 1-0 verrà sempre criticata» diceva, quasi profeticamente alla vigilia del match col Frosinone, mister Allegri. È così andata, con i bianconeri subito in gol grazie a Vlahovic, ma poi incapaci di gestire a dovere il vantaggio. Dopo venticinque giornate e quattro passi falsi, la squadra comunque seconda in classifica e già con un piede nella palude della crisi, avrebbe dovuto reagire mostrando maggiore maturità. Tra i pochi ad accorgersi dell'importanza di dover fare qualcosa di più del normale c'è stato di sicuro Vlahovic, a segno con una doppietta e trascinatore, anche nelle esultanze, per la squadra e i tifosi. A quest'ultimi il ruolo ingrato di rumoreggiare a voce bassa per gran parte della partita, ma col grande merito di aver letteralmente spinto la squadra alla vittoria nei minuti di recupero. Trecento secondi di speranza finiti in un grido liberatorio assieme al pallone spinto in rete da Rugani. Non è stata fortuna, ma non confondiamola con un qualcosa che la squadra purtroppo non possiede ancora: fiducia e personalità. La vittoria serve per il morale, per la classifica, e ci mancherebbe sminuirla, ma i problemi di compattezza e di gioco restano anche se la prova è stata superata a differenza delle ultime quattro. Un piccolo-grande passo in avanti, però, per raggiungere la quota Champions.
Squadra – I limiti di questa rosa sono sempre più evidenti così come quelli di chi la allena. Con avversarie pur brillanti, ma appoggiate sul piedistallo della bassa classifica, basterebbe che emergessero i valori dei singoli. Nelle ultime cinque gare ai nomi di Vlahovic e Mckennie (lussazione alla spalla per evitare un gol già scritto) è difficile aggiungerne tanti altri: con Cambiaso e Yldiz a corrente alternata, è esercizio sicuramente più facile individuare le delusioni, nonostante le difese d'ufficio di Allegri. Rabiot (poche scuse fino all'infortunio) e Locatelli stentano a salire in cattedra. Kostic snaturato nel ruolo tace e non spinge. Gatti è in chiara fase di involuzione. Capitolo Chiesa. Il giocatore non sta ancora bene e si vede dal modo con cui prova a lottare senza riuscire a trovare con continuità il guizzo giusto. Spesso si intestardisce e viaggia a testa bassa senza avere neppure troppo le idee chiare. Non è comunque una seconda punta e Allegri continua a sbagliare non ammettendolo. E qui bisognerebbe ritornare al tema del futuro dell'allenatore. Lui sbandiera puntualmente l'anno di contratto, ma in società (e non solo lì) speravano di ritrovare la via del ritorno in Champions in modo più lineare. Il giudizio riapre l'eterno dilemma: cosa fare a fine stagione? Giuntoli, saggiamente, rimanda a quella data la risposta. Ma è il silenzio attorno che lascia intendere le “reali” intenzioni.
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