Una Juventus davvero mascherata?

Una Juventus davvero mascherata?TUTTOmercatoWEB.com
Ieri alle 21:24Editoriale
di Roberto De Frede
“L'uomo è meno se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità.” Oscar Wilde

Sosteneva Pirandello che ogni uomo indossa una maschera, che in parte ha scelto da solo e che in parte la società gli ha incollato addosso. Una maschera che, per quanto fittizia, definisce il quotidiano dell’uomo che la porta, influendo sui rapporti che egli vive. Ogni uomo quindi ha un’identità segreta, celata dietro la maschera; un vero io che fatica a emergere e che quasi sempre soffoca e agonizza dietro alle convenzioni che noi stessi e la società ci proponiamo e imponiamo. Si indossa una maschera, spesso necessaria, a volte inconsapevolmente, senza accorgersene.

Le ultime uscite della Juventus sul palcoscenico verde italiano ed europeo, quella sufficiente con l’Atalanta, buona con il Milan, pessima con il Bruges, compreso il meraviglioso primo tempo con il nuovo centravanti francese contro il Napoli e lo scadente e caotico secondo tempo con sconfitta annessa, hanno tratteggiato una squadra con una identità mascherata nell’incostante atteggiamento profuso in campo, mimetizzata in un angolo di una realtà ancora troppo poco chiara e veritiera. E se invece la Juventus ci stesse dicendo proprio la verità attraverso una realtà che solo a noi tifosi appare mascherata e menzognera, intollerabile che va al di là di quanto si possa accettare dalla gloriosa Juventus? E se la maschera si sovrappone al volto, identificandosi?

A tal proposito ci può venire in aiuto un’analogia fra maschera e letteratura che riguarda proprio la menzogna, intesa come veicolo di comunicazione del vero. Lo faceva notare Vincenzo Cerami in un editoriale pubblicato sull’Unità del 24 gennaio 2010: «Ci sono molte verità (probabilmente la maggior parte) che si possono dire solo attraverso una serie di invenzioni e bugie […] Già il ricorso alla similitudine o alla metafora è un segno di incertezza sulla propria capacità di persuasione diretta: per dire la verità si inventa una bugia». Suona assurdo, eppure, per scoprire o comunicare la verità, è necessario travestirsi, e intrinsecamente la si può interpretare come una richiesta di aiuto. Le testimonianze in tal senso sono numerose. «Fingere è conoscersi» scrisse Fernando Pessoa, il poeta portoghese da molti considerato l’alter ego di Pirandello. Pessoa non solo affidò, come ogni altro scrittore, il proprio messaggio alla finzione letteraria, ma costruì una lunga serie di eteronimi, personalità fittizie cui attribuiva la paternità dei propri scritti, i quali, spiega Antonio Tabucchi, «rispondono alla paradossale autenticità della finzione vera». Ancora ricordo un esempio fornito da Umberto Eco in una delle sue “Postille” al Nome della Rosa, per l’appunto intitolata La maschera. Eco doveva fare i conti, da esordiente, col fatto di esporsi per la prima volta al giudizio dei suoi colleghi critici. Il problema maggiore era rendere credibile la voce del narratore medievale. Lo risolse con la mimesi: «Si può dire “era una bella mattina di fine novembre” senza sentirsi Snoopy? Ma se lo avessi fatto dire a Snoopy? Se cioè “era una bella mattina…” lo avesse detto qualcuno che era autorizzato a dirlo, perché così si poteva fare ai suoi tempi? Una maschera, ecco cosa mi occorreva».

Nell’arte e in particolare in letteratura (e il calcio è letteratura, Pasolini docet!) la menzogna, vera o interpretata dall’altro, è indispensabile e complementare alla sincerità; mentire è un modo per raccontare la propria visione delle cose, per scoprire sé stessi e trasmettere quella rivelazione al prossimo, ovvero al lettore, allo spettatore, al tifoso che a sua volta indossa quella maschera identificandosi con essa, guardando il mondo attraverso gli occhi di un altro… fino a diventare l’altro. Questa, ci sembra una delle più grandi magie che l’essere umano abbia escogitato.

Prima di entrare al Maradona un solo dubbio teneva in apprensione i tifosi: la Vecchia Signora quale maschera indosserà nello stadio della città di Pulcinella, il filosofo vestito da una mezza maschera nera, un camiciotto bianco e un berrettone a punta?Sarebbe stata quella della verità o della menzogna? Che la maschera tragica e perdente di ieri sia quella più lontana dalla reale anima bianconera! In fondo in fondo che cosa è una maschera se non una nuova possibilità?

Roberto De Frede